Cassazione penale Sez. V sentenza n. 32688 del 1 agosto 2003

(1 massima)

(massima n. 1)

L'aggravante di cui all'art. 61 n. 2 c.p. intende punire la maggiore intensità della condotta delittuosa posta in essere dall'imputato, il quale pur di pervenire alla consumazione del reato-fine non arretra nemmeno di fronte all'eventualità di commettere anche un altro reato, così dimostrando una maggiore capacità criminosa. Ne consegue che proprio tale maggiore pericolosità rende indifferente che il reato-fine sia stato solo tentato o consumato, ovvero che allo stesso debba applicarsi una causa di non punibilità o di estinzione o di improcedibilità, in quanto ciò che rileva ai fini dell'applicabilità dell'aggravante è il rapporto che lega la commissione dei due reati.

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