Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 1870 del 26 febbraio 1993

(1 massima)

(massima n. 1)

La morte, conseguita ad assunzione di sostanza stupefacente, del consumatore di essa, comporta la responsabilità del suo fornitore anche non immediato, a norma dell'art. 586 c.p.; più in particolare, la morte dell'assuntore è addebitata all'agente a titolo di colpa, consistita nella violazione della legge sullo spaccio degli stupefacenti e nella conseguente prevedibilità dell'evento letale. E ciò perché, quando un soggetto abbia ceduto, anche in dose singola, una sostanza stupefacente ad un terzo, che ne abbia fatto poi oggetto di trasferimento ad altri, il nesso di causalità tra la prima condotta e la morte dell'ultimo cessionario, non può considerarsi interrotto in conseguenza della o delle successive cessioni, dovendosi queste ritenere fattori concausali sopravvenuti, non solo non anormali ed eccezionali, ma, anzi, del tutto prevedibili.

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