Cassazione penale Sez. III sentenza n. 1503 del 17 maggio 1966

(3 massime)

(massima n. 1)

Il reato ipotizzato nell'art. 443 c.p. sussiste quando non si possa parlare né di contraffazione né di adulterazione.

(massima n. 2)

L'ultimo comma dell'art. 440 c.p., che ipotizza non un distinto titolo di reato bensì una circostanza che aggrava la pena, menziona espressamente i medicinali: consegue che gli stessi elementi che costituiscono il reato nella forma semplice debbono sussistere, mancando una disposizione contraria, per il reato nella forma aggravata. Non può ritenersi contraffatto ai fini di cui all'art. 440 c.p. un medicinale composto, sol perché i componenti del medicinale stesso, genuini nella loro essenza, siano stati dosati in misura tale da rendere il medicinale medesimo più o meno inefficiente allo scopo, e siasi, sull'involucro esteriore, dichiarato invece un dosaggio diverso, tale da rendere quel medicinale adeguato, secondo i dettami della scienza, alla sua funzione. Secondo l'art. 440 c.p., l'espressione «adulterare» sta a significare alterare la natura genuina di una sostanza destinata alla alimentazione, attraverso un procedimento con cui si aggiungono o si sostituiscono elementi nocivi alla Salute. La semplice sottrazione di elementi necessari al medicinale per la sua idoneità allo scopo terapeutico non costituisce il predetto reato bensì eventualmente quello di cui all'art. 443 c.p.

(massima n. 3)

La pericolosità per la salute pubblica richiamata nell'art. 442 c.p. non può ravvisarsi nella considerazione che un medicinale contraffatto, se non arreca alcun danno alla salute, non la favorisce, non reintegrando l'organismo malato, perché il pericolo di cui parla la legge è quello che consegue all'azione della cosa adulterata o contraffatta, e ciò in relazione a tutte le cose considerate nella norma (sostanze alimentari e medicinali). L'elemento materiale del reato previsto dall'art. 442 c.p. consiste nel detenere per il commercio, o nel mettere in commercio ovvero nel distribuire per il consumo, acqua, sostanze o altre cose, che da altri, e senza il concorso del soggetto, siano state adulterate o contraffatte in modo pericoloso per la pubblica salute. Per l'art. 442 c.p., del quale è oggetto il fatto di detenere per il commercio, o di mettere in commercio, ovvero di distribuire per il consumo, sostanze alimentari o medicinali che sono stati da altri avvelenati, corrotti, adulterati o contraffatti, è necessario che le cose delle quali si fa commercio, a causa della corruzione, della adulterazione o della contraffazione, siansi rese concretamente pericolose per la pubblica salute; è del pari necessaria la volontà di detenere, porre in vendita o distribuire sostanze alimentari o medicinali avvelenate, adulterate o contraffatte, sapendo che le stesse sono pericolose per la pubblica salute: mancando questa consapevolezza, non è configurabile il delitto ex art. 442.

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