Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 4066 del 7 aprile 1994

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di impugnazioni, il semplice riferimento, nell'atto di appello, all'art. 133 bis c.p., senza indicazioni né generiche né specifiche degli elementi dai quali il giudice dell'appello dovrebbe desumere che la pena pecuniaria inflitta dal primo giudice sia eccessivamente gravosa, non obbliga il giudice di appello all'esame del motivo e tale omesso esame non costituisce vizio che comporti annullamento in sede di legittimità.

(massima n. 2)

La norma di cui all'art. 133 bis c.p., diretta ad adeguare la commisurazione della pena pecuniaria alle condizioni economiche dell'imputato, non esime la parte impugnante dall'osservanza delle regole che sono proprie dell'impugnazione proposta, tra cui quella di esporre, a pena di inammissibilità, in modo specifico le ragioni di fatto e di diritto che sono alla base della doglianza. (Nella specie la Corte ha ritenuto che il riferimento alla qualità di tossicodipendente, contenuto nell'atto di appello, non appare di per sé rilevante ai fini dell'applicazione dell'attenuante di cui all'art. 133 bis c.p.).

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