Cassazione civile Sez. III sentenza n. 20814 del 29 settembre 2009

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di espropriazione immobiliare, la regolarità formale della vendita non dipende dall'intestazione del verbale che, a rigore, nemmeno costituisce atto di esecuzione, ma dalle modalità con cui essa si svolge; ne consegue che un errore materiale contenuto nella predetta intestazione - nella specie, recante la dicitura "vendita di beni con incanto", mentre il giudice aveva proceduto con il sistema delle offerte a buste chiuse, (e, dunque, senza incanto) - non rappresenta un vizio che inficia un atto presupposto dell'aggiudicazione, né comunque configura una violazione della procedura di vendita suscettibile di censura con l'opposizione ex art. 617 c.p.c.

(massima n. 2)

Nel processo esecutivo, strutturato quale successione di subprocedimenti, cioè una serie autonoma di atti ordinati a distinti provvedimenti successivi, l'autorizzazione della vendita preclude la deducibilità di vizi attinenti ai singoli atti che abbiano preceduto le udienze fissate ex artt. 530 e 569 c.p.c., nel senso che, relativamente a detti vizi, l'udienza è l'ultimo momento utile per la proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi ove non si sia verificata ancora decadenza; le situazioni invalidanti che si producano nella fase che è conclusa dalla ordinanza di autorizzazione della vendita sono, però, suscettibili di rilievo nel corso ulteriore del processo, ancora nelle forme dell'opposizione agli atti esecutivi, solo in quanto impediscano che esso consegua il risultato che ne costituisce lo scopo, e cioè l'espropriazione del bene pignorato come mezzo per la soddisfazione dei creditori.

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