Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 543 del 17 maggio 1995

(1 massima)

(massima n. 1)

Avverso i provvedimenti di diniego della sospensione dei termini di custodia cautelare è ammesso l'appello davanti al tribunale indicato dall'art. 309, settimo comma, c.p.p. (La Corte ha precisato che la differenziazione tra gli strumenti impugnatori avverso le ordinanze di sospensione apparentemente risultante dall'art. 304, terzo comma, c.p.p. — in caso di sospensione, l'appello; in caso di diniego di sospensione, il solo ricorso per cassazione a norma dell'art. 568, secondo comma, c.p.p. — deriva da un esame strettamente letterale del disposto dell'art. 304 c.p.p. e del tutto avulso dal contesto normativo ove si colloca il regime dei rimedi de libertate; il tutto anche considerando che il richiamo all'art. 568, primo e secondo comma, c.p.p. si rivelerebbe del tutto inadeguato alla stregua dell'art. 310, primo comma, dello stesso codice, che ha costruito l'appello come mezzo generale di impugnazione «contro le ordinanze in materia di misure cautelari personali», con l'eccezione dei provvedimenti suscettibili di riesame. Cosicché l'area dei provvedimenti assoggettabili ad appello è individuata con riferimento a tutte le ordinanze relative ad una misura cautelare personale diverse da quelle assoggettabili a riesame ai sensi dell'art. 309 comma primo).

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