Cassazione penale Sez. V sentenza n. 24231 del 4 giugno 2003

(2 massime)

(massima n. 1)

Ai fini del reato di cui all'art. 217 comma primo n. 2 l. fall., operazioni di grave imprudenza sono quelle caratterizzate da alto grado di rischio, prive di serie e ragionevoli prospettive di successo economico, le quali, avuto riguardo alla complessiva situazione dell'impresa, oramai votata al dissesto, hanno il solo scopo di ritardare il fallimento. (Nel caso di specie, la S.C. ha condiviso l'interpretazione del giudice di merito che aveva considerato gravemente imprudenti alcune operazioni negoziali poste in essere da una società in stato di dissesto, e precisamente la locazione dell'intera azienda in favore di altra società, che non offriva peraltro serie garanzie di solvibilità, e per un canone locativo di gran lunga inferiore rispetto al valore dei beni locati; un contratto estimatorio mediante il quale la merce di magazzino era immediatamente consegnata all'altra società, con facoltà per quest'ultima di acquistarla per sè, venderla a terzi o restituirla alla controparte; una cessione di contratti relativi a beni oggetto di locazione finanziaria detenuti dalla stessa società cedente).

(massima n. 2)

La differenza tra le due ipotesi di bancarotta semplice previste all'art. 217, comma primo, n. 2 e 3 l. fall. (relative, rispettivamente, alla consumazione del patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti ed al compimento di operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento) risiede nel fatto che la prima fattispecie riguarda operazioni “in genere”, aventi ad oggetto il patrimonio dell'imprenditore, consumato, in notevole parte, in operazioni aleatorie od economicamente scriteriate, il cui effetto conclusivo è la diminuzione della garanzia generica dei creditori, costituita proprio dal patrimonio del debitore, ai sensi dell'art. 2740 c.c.; la seconda ipotesi riguarda, invece, operazioni finalisticamente orientate a ritardare il fallimento, ma ad un tempo caratterizzate da grave avventatezza o spregiudicatezza, che superino i limiti dell'ordinaria “imprudenza”, che, secondo la comune logica imprenditoriale, può a volte giustificare il ricorso, da parte dell'imprenditore che versi in situazione di difficoltà economica, ad iniziative “coraggiose”, da extrema ratio, ma ragionevolmente dotate di probabilità di successo, al fine di scongiurare il fallimento. Inoltre, mentre la seconda ipotesi, per via dell'anzidetta finalizzazione che la connota, ha certamente carattere doloso, la prima è, invece, punibile a titolo di colpa.

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