Cassazione civile Sez. II sentenza n. 8292 del 19 giugno 2000

(1 massima)

(massima n. 1)

In tema di oneri condominiali, la funzione ed il fondamento delle spese occorrenti per la conservazione dell'immobile si distinguono dalle esigenze che presiedono alle spese per il godimento dello stesso, come è dato evincere, in via di principio generale, dal disposto dell'art. 1104 c.c. — dettato in tema di comunione — , e, sub specie dei rapporti di condominio, dalla norma di cui all'art. 1123 stesso codice, a mente della quale i contributi per la conservazione del bene sono dovuti in ragione della appartenenza e si dividono in proporzione alle quote (indipendentemente dal vantaggio soggettivo espresso dalla destinazione delle parti comuni a servire in misura diversa i singoli piani o porzioni di piano), mentre le spese d'uso (che traggono origine dal godimento soggettivo e personale) si suddividono in proporzione alla concreta misura di esso, indipendentemente dalla misura proporzionale dell'appartenenza (e possono, conseguentemente, mutare, del tutto legittimamente, in modo affatto autonomo rispetto al valore della quota). Ne consegue, con particolare riguardo alla norma di cui all'art. 1123 terzo comma c.c., che il criterio di ripartizione di spese ivi disciplinato (a differenza di quanto previsto, in linea generale, nel precedente secondo comma del medesimo articolo) deve ritenersi applicabile alle ipotesi di condominio cosiddetto parziale (risultando, in caso contrario, la norma in parola una inutile ripetizione di quella che la precede), così che, qualora le cose, gli impianti ed i servizi comuni siano destinati a servire una parte soltanto del fabbricato, l'art. 1123 terzo comma, nell'ambito della più vasta compartecipazione, identifica precipuamente i soggetti obbligati a concorrere alle spese di conservazione, individuandoli nei condomini cui il condominio è attribuito per legge ai sensi dell'art. 1117 c.c. (salva diversa attribuzione per titolo).

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