Cassazione penale Sez. I sentenza n. 2314 del 21 aprile 1997

(3 massime)

(massima n. 1)

In materia di falsità in atti, per poter qualificare come certificato amministrativo, ai sensi dell'art. 477 c.p., un atto proveniente da un pubblico ufficiale, devono concorrere due condizioni: a) che l'atto non attesti i risultati di un accertamento compiuto dal pubblico ufficiale redigente, ma riproduca attestazioni già documentate; b) che l'atto, pur quando riproduca informazioni desunte da altri atti già documentati, non abbia una propria distinta e autonoma efficacia giuridica, ma si limiti a riprodurre anche gli effetti dell'atto preesistente.

(massima n. 2)

In materia di limiti dell'effetto devolutivo dell'appello, che vanno definiti con riferimento ai contenuti oggettivi dei motivi e non alla sola volontà dell'appellante, l'interpretazione del giudice può supplire all'eventuale insufficienza delle indicazioni esplicite al fine di individuare l'esatta portata dell'impugnazione in relazione agli effettivi contenuti della decisione impugnata.

(massima n. 3)

In tema di riabilitazione, ai fini della verifica del requisito della buona condotta, la valutazione del comportamento tenuto dall'interessato deve comprendere non solo il periodo minimo di cinque anni dall'esecuzione o dall'estinzione della pena inflitta, ma anche quello successivo, fino alla data della decisione sulla istanza prodotta, per cui, qualora il condannato abbia, per un primo periodo, tenuto cattiva condotta e successivamente, per un periodo di cinque anni o superiore, dato prove effettive e costanti di buona condotta, la possibilità della riabilitazione non può ritenersi preclusa dalla iniziale condotta negativa, dovendo la valutazione essere attuata globalmente, tenendosi conto anche, e soprattutto, del comportamento tenuto nell'ultimo quinquennio.

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