Cassazione civile Sez. I sentenza n. 14098 del 17 giugno 2009

(2 massime)

(massima n. 1)

Il giudizio di indispensabilità della prova nuova in appello - previsto dall'art. 345, terzo comma, c.p.c. con riferimento al rito di cognizione ordinaria e dall'art. 437, secondo comma, in relazione al processo del lavoro - non attiene al merito della decisione, ma al rito, in quanto la relativa questione rileva ai fini dell'accertamento della preclusione processuale eventualmente formatasi in ordine all'ammissibilità di una richiesta istruttoria di parte: ne consegue che, nel caso in cui venga dedotta in sede di legittimità l'erronea ammissione di una prova documentale non indispensabile da parte del giudice di appello, la Corte di cassazione, chiamata ad accertare un "error in procedendo", è giudice anche del fatto, ed è quindi tenuta a stabilire essa stessa se si trattasse di prova indispensabile.

(massima n. 2)

Oggetto della domanda di revocatoria fallimentare non è il bene in sé, ma la reintegrazione della generica garanzia patrimoniale dei creditori mediante l'assoggettabilità ad esecuzione e, quindi, la liquidazione di un bene che, rispetto all'interesse dei creditori, viene in considerazione soltanto per il suo, valore; ne consegue, non solo che la condanna al pagamento dell'equivalente monetario ben può essere pronunciata dal giudice, anche d'ufficio, in ogni caso in cui risulti impossibile la restituzione del bene, ma anche che la relativa domanda può essere proposta per la prima volta nel giudizio d'appello, in quanto non nuova, ma ricompresa implicitamente nell'azione revocatoria stessa.

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