Cassazione civile Sez. I sentenza n. 4376 del 7 aprile 2000

(2 massime)

(massima n. 1)

Il regime di preclusioni introdotto nel rito civile ordinario riformato deve ritenersi inteso non solo a tutela dell'interesse di parte ma anche dell'interesse pubblico al corretto e celere andamento del processo, con la conseguenza che la tardività di domande, eccezioni, allegazioni e richieste deve essere rilevata d'ufficio dal giudice indipendentemente dall'atteggiamento processuale della controparte al riguardo.

(massima n. 2)

Nel procedimento davanti al giudice di pace non è configurabile una distinzione tra udienza di prima comparizione e prima udienza di trattazione, onde deve ritenersi che le parti all'udienza di cui all'art. 320 c.p.c. possano ancora allegare fatti nuovi e proporre nuove domande od eccezioni, in considerazione del fatto che esse sono ammesse a costituirsi fino a detta udienza; il rito è tuttavia caratterizzato dal regime di preclusioni che assiste il procedimento dinanzi al tribunale, le cui disposizioni sono pur sempre applicabili in mancanza di diversa disciplina, con la conseguenza che, dopo la prima udienza, in cui il giudice invita le parti a «precisare definitivamente i fatti», non è più possibile proporre nuove domande o eccezioni e allegare a fondamento di esse nuovi fatti costitutivi, modificativi, impeditivi o estintivi. (Fattispecie relativa all'eccezione di decadenza dalla garanzia per le difformità e i vizi dell'opera di cui all'art. 2226 c.c. sollevata per la prima volta dinanzi al giudice di pace in udienza fissata per «la precisazione delle conclusioni»).

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