Cassazione civile Sez. II sentenza n. 7889 del 9 giugno 2000

(2 massime)

(massima n. 1)

Il cortile, tecnicamente, è l'area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serve a dare luce e aria agli ambienti circostanti. Ma avuto riguardo all'ampia portata della parola e, soprattutto alla funzione di dare aria e luce agli ambienti, che vi prospettano, nel termine cortile possono ritenersi compresi anche i vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate dell'edificio — quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercapedini, i parcheggi — che, sebbene non menzionati espressamente nell'art. 1117 c.c., vanno ritenute comuni a norma della suddetta disposizione.

(massima n. 2)

Il diritto di condominio sulle parti comuni dell'edificio ha il suo fondamento nel fatto che tali parti siano necessarie per l'esistenza ovvero che siano permanentemente destinate all'uso o al godimento comune (nella specie spazio esterno al fabbricato assimilato al cortile). Di tali parti l'art. 1117 c.c. fa un'elencazione non tassativa ma meramente esemplificativa. La disposizione può essere superata se la cosa, per obbiettive caratteristiche strutturali, serve in modo esclusivo all'uso o al godimento di una parte dell'immobile, venendo meno in questi casi il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria, giacché la destinazione particolare del bene vince l'attribuzione legale, alla stessa stregua del titolo contrario. Ma principalmente la norma può essere derogata dal titolo, vale a dire da un atto di autonomia privata che, espressamente, disponga un diverso regime delle parti di uso comune.

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