Cassazione civile Sez. III sentenza n. 21745 del 11 ottobre 2006

(3 massime)

(massima n. 1)

Essendo l'appello un mezzo di gravame con carattere devolutivo pieno, non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito, il principio della necessaria specificità dei motivi — previsto dall'art. 342, primo comma, c.p.c. — prescinde da qualsiasi particolare rigore di forme, essendo sufficiente che al giudice siano esposte, anche sommariamente, le ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda l'impugnazione, ovvero che, in relazione al contenuto della sentenza appellata, siano indicati, oltre ai punti e ai capi formulati, anche, seppure in forma succinta, le ragioni per cui è chiesta la riforma della pronuncia di primo grado, con i rilievi posti a base dell'impugnazione, in modo tale che restino esattamente precisati il contenuto e la portata delle relative censure.

(massima n. 2)

Il vizio di extrapetizione o di ultrapetizione ricorre solo quando il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti e pronunciando oltre i limiti del petitum e delle eccezioni hinc ed inde dedotte, ovvero su questioni che non siano state sollevate e che non siano rilevabili d'ufficio, attribuisca alla parte un bene non richiesto, e cioè non compreso nemmeno implicitamente o virtualmente nella domanda proposta. Ne consegue che tale vizio deve essere escluso qualora il giudice, contenendo la propria decisione entro i limiti delle pretese avanzate o delle eccezioni proposte dalle parti, e riferendosi ai fatti da esse dedotti, abbia fondato la decisione stessa sulla valutazione unitaria delle risultanze processuali, pur se in base ad argomentazioni o considerazioni non prospettate dalle parti medesime.

(massima n. 3)

Nel vigente sistema processuale l'impugnazione proposta per prima determina la costituzione del processo, nel quale debbono confluire le eventuali impugnazioni di altri soccombenti, in modo che sia mantenuta l'unità del procedimento e sia resa possibile la decisione simultanea; ne consegue che, nel caso di appello, le impugnazioni successive alla prima assumono necessariamente carattere incidentale, siano esse impugnazioni incidentali tipiche (ovvero proposte contro l'appellante principale), siano esse, invece, impugnazioni incidentali autonome, dirette a tutelare un interesse del proponente non nascente dall'impugnazione principale, e da far valere nei confronti di questi, ma per un capo diverso ed autonomo della pronuncia impugnata. Tuttavia, tali ultime impugnazioni (autonome) possono essere proposte, in sede di appello, con la comparsa di risposta purché risulti rispettato il termine ordinario di trenta giorni dalla notificazione della sentenza di primo grado e ciò senza che occorra l'uso di formule sacramentali, risultando sufficiente in proposito che la volontà del gravame emerga in modo non equivoco dal complesso delle deduzioni formulate in detta comparsa (di risposta) - ancorché contenute solo nella parte motivata di essa e non oggetto di corrispondente richiesta nella parte conclusiva della stessa comparsa - sì da potersi stabilire, con chiarezza, il tema ed i motivi dell'impugnazione.

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