Cassazione penale Sez. II sentenza n. 11113 del 21 dicembre 1996

(1 massima)

(massima n. 1)

In tema di ricettazione, perché possa trovare applicazione l'ipotesi prevista dal capoverso dell'art. 648 c.p., è necessario che la cosa ricettata sia di valore economico particolarmente tenue, restando comunque impregiudicata la facoltà del giudice, pur in presenza di un valore modesto, di escludere il «fatto di particolare tenuità» prendendo in esame gli ulteriori elementi di valutazione della vicenda, ed in particolare ogni altra circostanza idonea a delineare la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole; tale ulteriore operazione, tuttavia, deve essere compiuta secondo i criteri di cui all'art. 133 c.p.p. e con riferimento al comportamento concreto dell'agente, con esclusione di qualsiasi valutazione inerente alla gravità in astratto del reato, la quale compete al legislatore ai fini della previsione delle relative sanzioni, ma non all'interprete in sede di applicazione delle norme preesistenti. (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato la sentenza d'appello la quale, con riferimento ad un'ipotesi di ricettazione ascritta ad un venditore ambulante extracomunitario di merce contraffatta, aveva escluso che ricorresse il fatto di particolare tenuità assumendo che il predetto commercio, che trova nella ricettazione il momento essenziale, è immeritevole del trattamento sanzionatorio attenuato perché parte di un'organizzazione delittuosa che a livello mondiale provoca consistenti danni alle produzioni, ai commerci ed alle finanze degli Stati).

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