Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 10951 del 29 novembre 1993

(1 massima)

(massima n. 1)

In materia di ricettazione e di incauto acquisto, il mero rifiuto dell'imputato di rispondere circa la provenienza della res si concreta in un comportamento non esente da incertezze ed ambiguità, essendo insuscettibile — se interpretato per giungere a conclusioni in senso favorevole all'imputato — anche a segnare il discrimine tra sospetto e certezza quanto alla provenienza delittuosa della cosa e cioè tra l'elemento soggettivo della contravvenzione di cui all'art. 172 c.p. e quello del delitto di ricettazione. (Fattispecie in cui la Corte Suprema ha annullato la sentenza di merito che, dopo aver dato atto della provenienza delittuosa della cosa perché oggetto di furto sicuramente avvenuto, ha ritenuto di poter desumere la consapevolezza della provenienza delittuosa della cosa stessa dal rifiuto dell'imputato di fornire precisazioni in ordine alle circostanze in cui aveva conseguito il possesso. In tal modo, ha osservato la Corte, il giudice di merito ha contravvenuto, non soltanto al principio nemo tenetur se detegere sancito dall'art. 64, terzo comma, c.p.p., ma anche all'obbligo di adeguata e logica motivazione).

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