Cassazione penale Sez. V sentenza n. 11655 del 12 ottobre 1999

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di appropriazione indebita, ai fini della ricorrenza dell'aggravante della prestazione d'opera, è sufficiente la esistenza di un rapporto, anche di natura meramente fattuale, che abbia rappresentato, quantomeno, occasione (se non anche ragione giuridica) del possesso da parte dell'imputato e che abbia quindi consentito a quest'ultimo di commettere con maggiore facilità il reato, approfittando della particolare fiducia in lui riposta. (Fattispecie nella quale il ricorrente aveva rappresentato che impropriamente gli era stato attribuito dal giudice di merito il ruolo di agente finanziario, mentre egli era un semplice intermediario finanziario).

(massima n. 2)

In tema di reato continuato, in sede di legittimità, e sempre che non sia passato in giudicato il capo relativo al trattamento sanzionatorio, può essere rilevata ex officio l'applicabilità dell'art. 129 c.p.p. per reato diverso da quello per il quale era stata dedotta dal ricorrente, stante la unicità del disegno criminoso tra i due reati. (Fattispecie nella quale il ricorrente aveva erroneamente dedotto la improcedibilità del delitto di appropriazione indebita in conseguenza della ritenuta insussistenza dell'aggravante della prestazione d'opera, mentre la Corte ha rilevato la improcedibilità per mancanza di querela del delitto ex artt. 485-491-61 n. 2 c.p., per il quale — in continuazione con il primo — il ricorrente era stato condannato nella fase di merito).

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