Cassazione penale Sez. V sentenza n. 7346 del 20 luglio 1996

(1 massima)

(massima n. 1)

La cosiddetta truffa processuale consistente nel fatto di chi, inducendo in errore il giudice in un processo civile mediante artifici o raggiri, ottenga una decisione favorevole e, dunque, un profitto ingiusto in danno della controparte non integra il reato di cui all'art. 640 c.p. In tale caso, infatti, viene a mancare l'atto di disposizione patrimoniale da parte di colui che viene ingannato, che è essenziale nel delitto p. e p. dall'art. 640 c.p., poiché il giudice esercita un potere giurisdizionale avente carattere eminentemente pubblicistico. L'inganno di una delle parti del processo nei riguardi del giudice può assumere rilevanza solo nei casi particolari previsti dall'art. 374 c.p. dell'atto di ispezione o di esperimento giudiziale ovvero nella frode del perito nell'esecuzione di un incarico, costituente le sole ipotesi di truffa processuale.

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