Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 10515 del 7 settembre 1999

(2 massime)

(massima n. 1)

Il furto d'uso (art. 626 c.p.), ipotesi attenuata del reato di furto dal quale non si differenzia per la condotta di sottrazione o impossessamento e per la natura e tipologia delle cose apprensibili, può avere per oggetto qualsiasi cosa mobile suscettibile di valutazione patrimoniale, e, quindi, qualsiasi documento, sia per il suo valore cartaceo, purché economicamente apprezzabile, sia per il bene giuridico in esso rappresentato. È pertanto pienamente configurabile il furto d'uso nella deductio de loco in locum di disegni di macchine industriali al fine di estrarne copia e poi restituirli, disegni che rappresentano per il dominus una evidente utilità patrimoniale ed economica.

(massima n. 2)

Il furto d'uso (art. 626 c.p.), reato contro il patrimonio, può concorrere con quello, avente una diversa obiettività giuridica, di rivelazione di segreti industriali previsto dall'art. 623 c.p.; quest'ultimo prescinde dalla liceità o illiceità della condotta di apprensione del segreto, essendo la rivelazione un quid pluris, ulteriore e diverso, rispetto all'acquisizione furtiva che ne è l'antefatto. (Fattispecie relativa alla sottrazione di disegni di macchine industriali al fine di estrarne copia e poi restituirli).

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