Cassazione civile Sez. Unite ordinanza n. 9573 del 5 maggio 2014

(2 massime)

(massima n. 1)

La domanda proposta nei confronti del Ministero della difesa dagli eredi di un militare italiano, per il risarcimento dei danni conseguenti all'esposizione del proprio congiunto all'uranio impoverito e ad altre sostanze nocive nel corso della missione di pace in Kosovo, appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo solo in relazione ai pregiudizi fatti valere "iure hereditatis", giacché fondata su di una condotta dell'amministrazione che non presenta un nesso meramente occasionale con il rapporto di impiego; per contro, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la domanda volta al ristoro dei danni subìti "iure proprio" dagli attori, atteso che l'art. 63, comma 4, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, nel riservare al giudice amministrativo, oltre alle controversie relative ai rapporti di lavoro non contrattualizzati, anche i diritti patrimoniali connessi, sottintende la riferibilità degli stessi alle sole parti del rapporto di impiego e non anche a terzi.

(massima n. 2)

Nel caso di controversia relativa ad un rapporto di pubblico impiego non soggetto, per ragioni soggettive o temporali, alla privatizzazione, la soluzione della questione del riparto della giurisdizione, rispetto ad una domanda di risarcimento danni per la lesione della integrità psicofisica proposta da un pubblico dipendente nei confronti dell'Amministrazione, è strettamente subordinata all'accertamento della natura giuridica dell'azione di responsabilità in concreto proposta; infatti, se è fatta valere la responsabilità contrattuale dell'ente datore di lavoro, la cognizione della domanda rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre, se è stata dedotta la responsabilità extracontrattuale, la giurisdizione spetta al giudice ordinario. L'accertamento del tipo di responsabilità azionato prescinde dalle qualificazioni operate dall'attore, anche attraverso il richiamo strumentale a singole norme di legge, quali l'art. 2087 o l'art. 2043 cod. civ., mentre assume rilievo decisivo la verifica dei tratti propri dell'elemento materiale dell'illecito, e quindi l'accertamento se il fatto denunciato violi il generale divieto di "neminem laedere”.

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