Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 3965 del 19 novembre 1994

(1 massima)

(massima n. 1)

Il dolo del delitto di maltrattamenti, dovendo caratterizzarsi per l'intento di infliggere sofferenze fisiche e morali al soggetto passivo, è sì unitario, in modo da non confondersi con la coscienza e volontà di ciascun frammento della condotta, ma non è necessario che scaturisca da uno specifico programma criminoso rigorosamente finalizzato alla realizzazione del risultato effettivamente raggiunto; vale a dire, non occorre che debba essere fin dall'inizio presente una rappresentazione della serie degli episodi. Quel che la legge impone è solo che sussista la coscienza e volontà di commettere una serie di fatti lesivi della integrità fisica e della libertà o del decoro della persona offesa in modo abituale. Un intento, dunque, riferibile alla continuità del complesso e perfettamente compatibile con la struttura abituale del reato, attestata ad un comportamento che solo progressivamente è in grado di realizzare il risultato. La conseguenza è che il momento soggettivo che travalica le singole parti della condotta e che esprime il dolo del delitto di maltrattamenti può ben realizzarsi in modo graduale, venendo esso a costituire il dato unificatore di ciascuna delle componenti oggettive. Ciò anche (e soprattutto) quando la condotta si sostanzi nella violazione di un dovere di garanzia, tanto più rispetto a persone affidate ad una pubblica struttura di assistenza e cura.

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.