Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 16058 del 18 novembre 1989

(2 massime)

(massima n. 1)

Ai fini della configurabilità del concorso nel reato «proprio» di concussione di un extraneus è necessario che questi, con la propria condotta o concorra materialmente con il pubblico ufficiale a coartare, con le minacce o con altri mezzi fraudolenti, la volontà del soggetto passivo per indurlo alla indebita promessa, ovvero concorra moralmente con il pubblico ufficiale mediante qualsiasi attività che agendo sulla volontà di quest'ultimo faccia sorgere o rafforzi il proposito delittuoso, ed in tal senso deve ritenersi che costituisca atto di concorso morale nel reato la promessa d'aiuto da prestarsi successivamente alla perpetrazione del reato, allorché abbia fatto sorgere o rafforzato il proposito delittuoso dell'agente. (Nella fattispecie, in applicazione di tale principio, è stato escluso il concorso nel delitto di concussione, ravvisando invece, nella condotta dell'imputato tutti gli elementi oggettivi e soggettivi del delitto di favoreggiamento reale ex art. 379, c.p.).

(massima n. 2)

L'ipotesi prevista dall'art. 117 c.p. è solo quella in cui il fatto commesso dall'estraneo costituirebbe comunque reato anche in mancanza della qualifica di pubblico ufficiale, rivestita dall'autore principale. Quando, invece, l'azione del concorrente è di per sé lecita e l'illiceità dipende dalla qualità personale di altro concorrente trova applicazione la norma generale di cui all'art. 110 c.p.

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