Cassazione civile Sez. III sentenza n. 4010 del 23 febbraio 2006

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, la comunicazione, di cui all'art. 25, secondo comma, della legge n. 990 del 1969 costituisce una denuntiatio litis, che ha la funzione di portare a conoscenza dell'impresa designata (ovvero dell'impresa cessionaria), nella qualità di rappresentante del Fondo di garanzia per le vittime della strada, la pendenza della lite, senza, tuttavia, costituire una vocatio in ius, non essendo previsto che essa contenga l'invito a comparire né essendo richiamato — neppure per implicito — l'art. 269 c.p.c. in tema di chiamata di terzo in causa; ne consegue che, laddove l'impresa designata, cui sia stata trasmessa la detta comunicazione, non sia intervenuta volontariamente nel processo, essa non può definirsi parte (tanto meno necessaria) del giudizio, che debba essere presente nel giudizio di appello ovvero che in esso possa essere chiamata ad intervenire ad istanza di parte. Infatti, il terzo comma dello stesso art. 25 della citata legge n. 990 del 1969 (il quale prevede, in deroga all'art. 344 c.p.c., che nella specifica materia «l'impresa designata può intervenire volontariamente nel processo, anche in grado di appello, proponendo, nella comparsa di costituzione, le istanze, difese e prove che ritiene di suo interesse») contempla una norma di carattere eccezionale ai sensi dell'art. 14 delle cc.dd. preleggi, come tale insuscettibile di applicazione oltre i casi ed i tempi in essa considerati.

(massima n. 2)

L'obbligazione di risarcimento del danno determinato da un fatto illecito (nella specie da responsabilità riconducibile alla circolazione di veicoli) costituisce debito di valore e la sua liquidazione per equivalente espressa in termini monetari, tenendo conto del valore del danno, all'epoca del fatto illecito, rivalutato alla data della decisione definitiva, comporta che la svalutazione monetaria intervenuta dopo la sentenza di primo grado sia accertata e liquidata dal giudice di appello anche d'ufficio.

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