Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 2043 del 3 marzo 1993

(1 massima)

(massima n. 1)

In tema di giudizio abbreviato, dalla sentenza costituzionale n. 81 del 1991 emerge un triplice ordine di statuizioni. Anzitutto la Corte ha indicato, in relazione al pubblico ministero, l'esigenza non di un mero dovere di comportamento da ricondurre al parametro indicato dall'art. 124 c.p.p., ma ha ad esso assegnato una precisa valenza processuale, quale primo momento rilevante ai fini della verifica giudiziale circa l'applicabilità dell'art. 442, secondo comma, c.p.p. Una regola desumibile sia dalle indicazioni fornite, allo stato, circa i «parametri cui la motivazione del pubblico ministero dovrebbe rapportarsi nel manifestare la sua opposizione» ed individuati — sempre salva la possibilità di interventi legislativi in grado di proporre motivazioni di tipo diverso — nella decidibilità del processo allo stato degli atti, sia dal secondo dei tre momenti, quello concernente la verifica delle condizioni addotte, intrinsecamente collegato al primo e che può autonomamente rilevare rispetto al terzo. Il giudice, infatti, una volta accertata la mancata giustificazione del dissenso del pubblico ministero, non necessariamente è tenuto ad applicare la riduzione di pena. La conseguenzialità tra i due momenti è, infatti, del tutto ipotetica, realizzandosi esclusivamente quando il pubblico ministero abbia, non solo esternato le ragioni della sua opposizione alla richiesta di giudizio abbreviato, ma le abbia esternate in termini di non decidibilità del processo allo stato degli atti; di tal che, coincidendo i criteri cui devono rapportarsi pubblico ministero e giudice, sarà sufficiente per quest'ultimo, ai fini della riduzione di pena, verificare come non giustificate le ragioni del dissenso. Quando, invece, il pubblico ministero o persegua criteri diversi da quelli che il giudice è tenuto a riscontrare ovvero non enunci le ragioni del dissenso, non basterà verificare l'insufficienza o la mancanza di giustificazioni, occorrendo pure che il giudice, ai fini dell'applicazione dello «sconto» di pena, accerti se il processo sia definibile o no allo stato degli atti. Senza contare che pure laddove l'enunciazione dei motivi concernenti la non definibilità del processo risulti fondata in relazione alle specifiche esigenze addotte dal pubblico ministero, riscontrate prive di giustificazione, altre esigenze di acquisizione della prova possono impedire l'anticipata decisione di merito. Tutto ciò secondo una direttiva che puntualmente risponde al decisum della sentenza costituzionale n. 81 del 1991 ed al posse (non al debere) che designa la verifica del giudice conseguente alla ritenuta mancanza o insufficienza di giustificazione dell'opposizione alla richiesta di giudizio abbreviato.

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