Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 4603 del 26 gennaio 1993

(2 massime)

(massima n. 1)

La trasmissione del verbale di arresto al pubblico ministero entro il termine indicato dall'art. 386 c.p.p. può avvenire con qualsiasi mezzo idoneo, purché la stessa sia effettuata per l'intero contenuto dell'atto, e non mediante semplice comunicazione per riassunto, consentendo al P.M. di controllare immediatamente la ritualità delle circostanze nelle quali la restrizione della libertà si è verificata. (In motivazione la Suprema Corte ha ritenuto legittima la trasmissione del verbale mediante telefax, da considerare equipollente al telegramma, al fonogramma e alla raccomandata, allorché esso sia consigliato da particolari ragioni).

(massima n. 2)

Nella disciplina prevista dal nuovo codice di procedura penale non esiste un divieto assoluto per la polizia giudiziaria di procedere ad atti di iniziativa successivamente alla trasmissione della notizia di reato al pubblico ministero; esiste soltanto un divieto di compiere atti in contrasto con le direttive del P.M., dopo il cui intervento la P.G. deve non solo compiere gli atti ad essa specificamente delegati, ma anche tutte le altre attività di indagine necessarie nell'ambito delle direttive impartite, sia per accertare i reati, sia perché richieste da elementi successivamente emersi. Ne deriva che fino a quando il pubblico ministero, pur avendo ricevuto la notizia di reato, non abbia impartito specifiche direttive, è operante esclusivamente il disposto dell'art. 348, primo comma, c.p.p., secondo il quale la polizia giudiziaria, senza necessità di specifica delega e agendo, quindi, di sua iniziativa, nell'ambito della propria discrezionalità tecnica, raccoglie ogni elemento utile alla ricostruzione del fatto e all'individuazione del colpevole.

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