Cassazione penale Sez. I sentenza n. 1835 del 2 giugno 1999

(1 massima)

(massima n. 1)

Il divieto delle contestazioni a catena e la conseguente applicazione della disciplina dell'art. 297, comma terzo, c.p.p., trovano applicazione nelle ipotesi di misure cautelari riferibili allo stesso fatto o a fatti diversi tra i quali sussista la connessione qualificata di cui all'art. 12, comma primo, lettere b) e c) c.p.p., restando esclusi in ogni altra ipotesi in cui, pur essendovi inerzia colpevole del P.M., non vi sia anche connessione qualificata tra i reati ai quali si riferiscono le diverse ordinanze cautelari. (Nell'enunciare il principio sopra trascritto, la S.C. ha sottolineato che tale interpretazione limitativa della disciplina delle contestazioni a catena appare ineludibile alla luce delle modificazioni introdotte con legge n. 332 del 1995, pur lasciando senza tutela molti indagati nei cui confronti il P.M., con comportamento scorretto, nasconda fatti o elementi in base ai quali potrebbe richiedere e ottenere la misura cautelare anche per reati diversi da quello per il quale l'indagato č giā ristretto e procrastini la richiesta di custodia, al fine di sfruttare la durata della precedente carcerazione e ricongiungerla ad libitum con la nuova, prolungando con tale artificio i termini custodiali).

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