Cassazione penale Sez. I sentenza n. 3268 del 15 giugno 1999

(2 massime)

(massima n. 1)

L'art. 390, comma 1, c.p.p., che prevede per la convalida dell'arresto o del fermo la competenza del giudice per le indagini preliminari del luogo dove l'arresto o il fermo è stato eseguito e l'art. 391, comma 5, stesso codice, che prevede la competenza dello stesso giudice a disporre l'applicazione delle misure coercitive, configurano un'ipotesi di competenza funzionale. Dette norme derogano alla regola generale contenuta nell'art. 328 c.p.p., il quale prevede che per determinati reati (quelli indicati nell'art. 51, comma 3 bis, c.p.p.) le funzioni di giudice per le indagini preliminari sono esercitate, salvo specifiche disposizioni di legge, da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto, nel cui ambito ha sede il giudice competente. Ne consegue che la convalida del fermo o dell'arresto, in quanto oggetto della specifica disposizione di legge di cui all'art. 390 succitato, rientra nella clausola di salvaguardia contenuta nel predetto art. 328

(massima n. 2)

La nuova disciplina dell'art. 297, comma terzo, c.p.p., introdotta dall'art. 12 della legge n. 332 del 1995, che ha esteso la precedente normativa concernente la cosiddetta «contestazione a catena» ai casi di connessione tra i reati, pur essendo di immediata applicazione ai procedimenti in corso, non può incidere, allorché sia intervenuto il rinvio a giudizio, sulla precedente fase procedimentale e non può, quindi, comportare un nuovo calcolo dei termini di custodia cautelare relativi alla detta fase, sulla base delle regole da essa stabilite

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