Cassazione penale Sez. V sentenza n. 1276 del 14 gennaio 2003

(4 massime)

(massima n. 1)

Allorquando la perquisizione sia stata effettuata senza l'autorizzazione del magistrato e non nei «casi» e nei «modi» stabiliti dalla legge, come prescritto dall'art. 13 Cost. si è in presenza di un mezzo di ricerca della prova che non è compatibile con la tutela del diritto di libertà del cittadino, estrinsecabile attraverso il riconoscimento dell'inviolabilità del domicilio. Ne consegue che, non potendo essere qualificato come inutilizzabile un mezzo di ricerca della prova, ma solo la prova stessa, la perquisizione è nulla e il sequestro eseguito all'esito di essa non è utilizzabile come prova nel processo, salvo che ricorra l'ipotesi prevista dall'art. 253, comma primo, c.p.p., nella quale il sequestro del corpo del reato o delle cose pertinenti al reato, costituendo un atto dovuto, rende del tutto irrilevante il modo con cui ad esso si sia pervenuti. (Fattispecie relativa a perquisizione domiciliare, eseguita senza l'autorizzazione della competente A.G., nel corso della quale erano stati sequestrati circa trentuno grammi di cocaina. La S.C., nell'enunciare il principio di cui in massima, ha escluso che l'ufficiale di P.G., il quale abbia eseguito una perquisizione fuori dei casi e non nei modi consentiti dalla legge, non abbia l'obbligo, a causa dell'abuso compiuto, di sequestrare la cosa pertinente al reato rinvenuta nel corso di essa, quasi che l'arbitrarietà o l'illiceità della condotta, possa privare l'autore della qualifica soggettiva da lui rivestita).

(massima n. 2)

Il P.M. può produrre al tribunale del riesame, ai sensi dell'art. 309, comma 9, c.p.p., anche gli elementi e documenti a carico dell'indagato, acquisiti precedentemente alla richiesta di misura cautelare e non presentati con la stessa. (Nell'occasione la Corte ha rilevato, in ordine all'esercizio della facoltà del P.M. di modificare, in sede di riesame, l'iniziale piattaforma conoscitiva con la produzione di cui all'art. 309, comma 9, c.p.p., che la stessa potrà riguardare tanto elementi nuovi che preesistenti, ovvero elementi diversi rispetto a quelli in precedenza depositati e, in quanto tali, nella disponibilità della difesa).

(massima n. 3)

Presupposto dell'art. 275, comma terzo, c.p.p. è quello secondo cui chi è raggiunto da gravi indizi di colpevolezza in ordine a un reato di matrice mafiosa è, per definizione, pericoloso e quindi professionalmente proteso alla commissione di fatti criminosi, con l'effetto che l'unica misura adeguata a fronteggiare tali esigenze cautelari presunte è considerata la custodia in carcere. La presunzione può essere vinta solo attraverso l'acquisizione di elementi dai quali emerga che in concreto non sussistono le dette esigenze. La permanenza di queste esigenze, ancorché attenuate, impone sempre l'adozione o il mantenimento della più grave delle misure coercitive.

(massima n. 4)

Prova vietata, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 191 c.p.p., può essere soltanto quella che sia proibita in quanto tale da una norma che ad essa si riferisca, esplicitamente o implicitamente, al solo scopo di proibirla.

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.