Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 2179 del 20 luglio 1992

(1 massima)

(massima n. 1)

Le norme sulle notificazioni (attività a forma vincolata) non esauriscono la gamma delle possibili iniziative dirette a reperire il difensore, cui dare l'avviso, ex art. 390, comma secondo, c.p.p., dell'udienza di convalida dell'arresto o del fermo. Infatti, l'art. 391, comma secondo, c.p.p., stabilendo che «se il difensore di fiducia o di ufficio non è stato reperito o non è comparso, il giudice provvede a norma dell'art. 97, comma quarto», prevede una attività a forma libera, tendente a rintracciare fisicamente la persona del legale, senza alcun cenno, anche sotto forma di mero rinvio, alle modalità per ottenerlo. Pertanto, il disposto dell'art. 391 non può essere letto senza coordinamento con il secondo comma dell'art. 390, che obbliga il giudice a fissare l'udienza di convalida «al più presto». Affinché questa esigenza primaria possa essere soddisfatta, viene accettato il rischio di una possibile esclusione del difensore di fiducia, tanto più che è prevista, in tempi estremamente brevi, altra specifica procedura, quella del riesame, in cui il contraddittorio può più compiutamente esplicarsi. (Nella fattispecie, la S.C. ha ritenuto iniziativa idonea ad assicurare il reperimento del difensore di fiducia quella dell'ufficio che aveva provveduto a chiamare lo studio professionale del legale dalle ore 12,05 alle ore 16,05, ogni dieci minuti circa senza poter parlare con alcuno, né lasciare messaggi, ed alle ore 16,28 aveva provveduto ad inviare all'avvocato un telegramma, peraltro recapitato dopo l'espletamento dell'interrogatorio).

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