Cassazione civile Sez. I sentenza n. 6302 del 16 marzo 2007

(2 massime)

(massima n. 1)

I termini di decadenza per l'esercizio dell'azione di disconoscimento di paternitā concorrono, unitamente ai casi in cui tale azione č consentita, a definire l'ambito nel quale il disconoscimento di paternitā č esperibile e, con esso, a delineare il punto di equilibrio tra veritā biologica e certezza dello status come presuntivamente attribuito. E siccome tali termini afferiscono a materia sottratta alla disponibilitā delle parti, deve ritenersi frutto di collusione ordita per frodare la legge — con conseguente esperibilitā dell'impugnazione per revocazione da parte del P.M. — la sentenza emessa a conclusione di un processo nel quale le parti, d'accordo fra loro, per far apparire tempestiva l'azione di disconoscimento di paternitā e per conseguentemente superare la decadenza fissata dall'ordinamento a presidio dell'indisponibilitā delle situazioni soggettive coinvolte, abbiano, contrariamente al vero, dedotto che l'acquisizione della conoscenza, da parte del figlio maggiorenne, dei fatti che rendono ammissibile il disconoscimento di paternitā č avvenuta nell'anno anteriore alla proposizione dell'azione.

(massima n. 2)

Il P.M. č legittimato ad esperire il rimedio della revocazione di cui all'art. 397, numero 2), c.p.c. indipendentemente da quali siano state le sue conclusioni nel giudizio, nel quale č intervenuto, definito con la sentenza revocanda, e quindi anche quando abbia assunto una posizione processuale favorevole alle conclusioni delle parti, accolte nella medesima sentenza, perché, essendo questa il risultato della sottostante volontā delle parti di realizzare uno scopo non consentito dalla legge attraverso l'artificiosa rappresentazione di una situazione diversa da quella reale, anche il P.M. č da ritenersi vittima della collusione, al pari del giudice contro il quale la frode č in via principale rivolta.

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