Cassazione civile Sez. I sentenza n. 16093 del 14 luglio 2006

(2 massime)

(massima n. 1)

Nell'attuale quadro normativo, in cui è rinvenibile una norma di sistema — presupposta da una serie di disposizioni regolatrici di fattispecie diverse (artt. 143 bis, 236, 237, secondo comma, 266, 299, terzo comma, c.c.; 33 e 34 del D.P.R. n. 396 del 2000) — che prevede l'attribuzione automatica del cognome paterno al figlio legittimo, sia pure retaggio di una concezione patriarcale della famiglia non in sintonia con le fonti sopranazionali, che impongono agli Stati membri l'adozione di misure idonee alla eliminazione delle discriminazioni di trattamento nei confronti della donna, ma che (come avvertito anche dalla sentenza della Corte costituzionale n. 61 del 2006) spetta comunque al legislatore ridisegnare in senso costituzionalmente adeguato, non può trovare accoglimento la domanda dei genitori di attribuzione al figlio del cognome materno.

(massima n. 2)

L'attribuzione al figlio del cognome paterno è espressione di una norma che, seppur non scritta, appare desumibile dall’attuale sistema giuridico, in quanto presupposta da una serie di disposizioni regolatrici di fattispecie diverse. Tale norma, seppur retaggio di una superata concezione patriarcale della famiglia, e seppur non in sintonia con le fonti sovranazionali, deve ritenersi tutt’ora vigente ed operante almeno sintanto che il legislatore non provveda a ridisegnarla in senso costituzionalmente adeguato.

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