Cassazione civile Sez. I sentenza n. 282 del 9 gennaio 2009

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di indagini compiute dal consulente tecnico d'ufficio ai fini della dichiarazione giudiziale di paternitā, ai sensi dell'art. 269 cod. civ., non ogni ipotesi prospettata dalle parti deve essere dal medesimo esaminata per pervenire al giudizio di certezza o di elevatissima probabilitā della paternitā, ma solo quelle che appaiano suffragate da solidi argomenti scientifici e concreti riscontri in fatto. (Nella specie, tale non č stata considerata dalla S.C. l'affermazione di un isolato genetico proprio di una comunitā comunque integrata nel territorio nazionale da diversi secoli, il quale avrebbe potuto astrattamente influire sull'esito dell'accertamento scientifico ematologico-genetico che era pervenuto a conclusioni di pratica certezza).

(massima n. 2)

Il giudice del merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l'obbligo della motivazione con l'indicazione delle fonti del suo convincimento; non č quindi necessario che egli si soffermi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte che, seppur non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili con le conclusioni tratte. In tal caso, le critiche di parte, che tendano al riesame degli elementi di giudizio giā valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive, che non possono configurare il vizio di motivazione previsto dall'art. 360 n. 5 cod. proc. civ.. (Rigetta, App. Catanzaro, 22/01/2007).

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