Cassazione civile Sez. Lavoro sentenza n. 8711 del 16 agosto 1993

(3 massime)

(massima n. 1)

In tema di atti interruttivi della prescrizione, la circostanza che la costituzione in mora provenga non dal creditore personalmente, ma da soggetto che abbia agito nella dichiarata qualità di rappresentante o mandatario del titolare del diritto, in forza di un potere genericamente o specificamente abilitante, ancorché conferito senza formalità - e dimostrabile con ogni mezzo di prova, anche presuntiva - non toglie all'atto la sua idoneità interruttiva, atteso che la disposizione dell'art. 1392 c.c. - secondo cui la procura non ha effetto se non è conferita nelle forme prescritte per il contratto che il rappresentante deve concludere - trova applicazione, ai sensi dell'art. 1324 c.c., per gli atti unilaterali negoziali, ma non per quello di costituzione in mora, ancorché, a norma dell'art. 1219 c.c., debba essere fatto per iscritto, trattandosi di mero atto giuridico non negoziale, che, una volta compiuto, produce gli effetti indicati nell'art. 1221 c.c. e, ai sensi dell'art. 2943, ultimo comma, c.c., anche quello di interrompere la prescrizione.

(massima n. 2)

La non prorogabilità di un termine processuale ordinatorio che sia stato già prorogato o che sia scaduto non è una qualità che comporti un mutamento di natura del termine medesimo e la sua trasformazione in perentorio, in quanto il termine così assegnato alla prorogabilità ha esso stesso carattere ordinatorio e non entra a far parte della fattispecie dell'atto del procedimento di cui si tratta, talché la sua inosservanza non impedisce di emettere un valido provvedimento di proroga, sempre che non si sia verificata una situazione esterna con questa incompatibile, quale, nel rito di lavoro e con riguardo al termine di notificazione del ricorso introduttivo del giudizio, la sopravvenuta impossibilità di osservare i termini dilatori a comparire, rispetto all'udienza di discussione fissata.

(massima n. 3)

Nel rito del lavoro, la tempestività dell'appello, anche in relazione al termine annuale di cui all'art. 327 c.p.c., va riscontrata con riferimento alla data del deposito del ricorso introduttivo presso la cancelleria del giudice di secondo grado e non a quella della successiva notificazione del ricorso stesso e del decreto di fissazione di udienza, con la conseguenza che, quando quel deposito sia avvenuto entro l'anno dalla pubblicazione della sentenza impugnata, la successiva notificazione, ancorché eseguita oltre l'anno dal deposito della sentenza, resta soggetta al disposto dell'art. 330, primo comma c.p.c., ove si indica come destinatario il procuratore costituito e non la parte personalmente.

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