Cassazione civile Sez. II sentenza n. 11946 del 8 agosto 2002

(2 massime)

(massima n. 1)

Il ricorso alle nozioni di comune esperienza (fatto notorio), comportando una deroga al principio dispositivo ed al contraddittorio, in quanto introduce nel processo civile prove non fornite dalle parti e relative a fatti delle stesse non vaglianti né controllati, va inteso in senso rigoroso, e cioè come fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile ed incontestabile; non si possono di conseguenza reputare rientranti nella nozione di fatti di comune esperienza, intesa quale esperienza di un individuo medio in un dato tempo e in un dato luogo, quegli elementi valutativi che implicano cognizioni particolari, o anche solo la pratica di determinate situazioni, né quelle nozioni che rientrano nella scienza privata del giudice, poiché questa, in quanto non universale, non rientra nella categoria del notorio, neppure quando derivi al giudice medesimo dalla pregressa trattazione di analoghe controversie.

(massima n. 2)

Le missive preprocessuali e le affermazioni contenute negli atti processuali provenienti dal legale della parte non hanno valore confessorio, ma hanno carattere indiziario, e come tali possono essere legittimamente utilizzate e liberamente valutate dal giudice ai fini della formazione del proprio convincimento; di esse non può essere aprioristicamente omesso l'esame in quanto il giudice ha comunque l'obbligo di valutare in concreto la rilevanza degli elementi indiziari acquisiti al giudizio ed è tenuto a dare conto in motivazione sia quando li ritenga sufficienti per fondarvi la propria decisione; sia, all'opposto, quando non li ritenga determinanti.

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