Cassazione civile Sez. I sentenza n. 7692 del 31 marzo 2006

(2 massime)

(massima n. 1)

I versamenti operati dai soci in conto capitale (o con altra analoga dizione indicati), pur non incrementando immediatamente il capitale sociale, e pur non attribuendo alle relative somme la condizione giuridica propria del capitale (onde non occorre che siano conseguenti ad una specifica deliberazione assembleare di aumento dello stesso), hanno tuttavia una causa che, di norma, è diversa da quella del mutuo ed è assimilabile a quella del capitale di rischio. Essi, pertanto, non danno luogo a crediti esigibili nel corso della vita della società, e possono essere chiesti dai soci in restituzione solo per effetto dello scioglimento della società, e nei limiti dell'eventuale residuo attivo del bilancio di liquidazione. Ciò non esclude, tuttavia, che tra la società ed i soci possa viceversa essere convenuta l'erogazione di capitale di credito, anziché di rischio, e che i soci possano effettuare versamenti in favore della società a titolo di mutuo (con o senza interessi), riservandosi in tal modo il diritto alla restituzione anche durante la vita della società. Fermo restando che è a carico dell'attore l'onere di fornire la prova del titolo posto a fondamento della domanda, stabilire se, in concreto, un determinato versamento tragga origine da un mutuo, o se invece sia stato effettuato quale apporto del socio al patrimonio dell'impresa collettiva, è questione di interpretazione della volontà delle parti, riservata al giudice di merito, il cui apprezzamento non è censurabile in cassazione, se non per violazione delle norme giuridiche che disciplinano l'interpretazione della volontà negoziale o per eventuali carenze o vizi logici della motivazione che quell'accertamento sorregge.

(massima n. 2)

In tema di società, ai fini della ricostruzione dell'intento perseguito dai soci attraverso gli apporti finanziari effettuati in favore della società, il riferimento alla denominazione con cui gli stessi sono stati annotati nella contabilità sociale non è di per sé sufficiente, in difetto di più specifiche indicazioni circa la natura e le condizioni del finanziamento, per qualificare il conferimento come versamento in conto capitale, anziché a titolo di mutuo, stante anche la varietà e la relativa imprecisione che sovente caratterizzano tali denominazioni ed annotazioni contabili. Poiché, peraltro, i conferimenti in conto capitale concorrono a costituire una riserva di patrimonio netto, mentre i versamenti a titolo di mutuo vanno iscritti tra i debiti, la circostanza che nel bilancio della società, a suo tempo approvato dai soci, quei versamenti risultino collocati in una voce di debito, è certamente un elemento dal quale il giudice può trarre argomento per ricostruire la natura dell'operazione finanziaria, soprattutto qualora detta collocazione si accompagni a considerazioni ulteriori, desunte dal tenore di clausole statutarie o dalle finalità pratiche al cui perseguimento il finanziamento appare preordinato.

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