Cassazione civile Sez. II sentenza n. 9237 del 17 settembre 1997

(1 massima)

(massima n. 1)

Il contratto d'opera ha in comune con l'appalto l'obbligo verso il committente di compiere dietro corrispettivo un'opera o un servizio senza vincolo di subordinazione e con assunzione del rischio da parte di chi esegue, differenziandosene invece per il fatto che l'opera o il servizio vengono compiuti con lavoro prevalentemente proprio dell'obbligato, con l'eventuale aiuto dei propri familiari o di pochi collaboratori, e pertanto sotto un aspetto quantitativo piuttosto che qualitativo, restando cioè le due fattispecie diversificate in relazione non alla natura, all'oggetto o al contenuto della prestazione ma al profilo organizzatorio del soggetto che deve compierla. Ne deriva che ai fini della qualificazione giuridica di un contratto come appalto anziché come contratto d'opera non può essere valorizzata l'autonomia dell'imprenditore che ha assunto l'impegno o la previsione pattizia di uno specifico risultato che questi si sia obbligato a raggiungere o ancora la specificazione dettagliata del materiale da adoperare, del tipo di intervento o della mano d'opera, restando inoltre escluso che abbia di per sè carattere indicativo di un appalto l'esistenza di un impresa organizzata che si avvalga per la sua peculiarità di taluni dipendenti specializzati ben potendo anche nel contratto d'opera esservi un'impresa, sia pur di piccole dimensioni, che utilizza specialisti.

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