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Articolo 661 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Giudice competente

Dispositivo dell'art. 661 Codice di procedura civile

Quando si intima la licenza o lo sfratto, la citazione a comparire deve farsi inderogabilmente davanti al tribunale (1) del luogo in cui si trova la cosa locata (2).

Note

(1) La parola "pretore" è stata sostituita dalla parola "tribunale" dal Dlgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(2) La competenza del tribunale nel cui circondario è situato l'immobile oggetto del rapporto locatizio è una competenza di tipo funzionale e inderogabile. In passato, prima della riforma del 1990, la predetta competenza era limitata all'emanazione dell'ordinanza di convalida o di rilascio, in quanto nell’ipotesi in cui l'intimato sollevava eccezioni, il procedimento si trasformava in un normale processo di cognizione. Se il valore della causa superava la competenza pretorile, quest’ultimo, pronunciata l’eventuale ordinanza provvisoria (665), doveva rimettere le parti innanzi al tribunale competente, fissando un termine per la riassunzione. Diversamente, con la l. 353/1990 che ha riconosciuto in ogni caso la competenza del pretore in materia di locazione, l'eventuale giudizio sorto a seguito dell'opposizione dell'intimato, ha seguito la disciplina del rito del lavoro (si cfr. 667). Infine, con il d.lgs. 19-2-1998, n. 51 che ha soppresso la figura del pretore, le sue competenze sono state trasferite al tribunale in composizione monocratica salve le ipotesi di competenza collegiale, espressamente previsti (50bis).

Spiegazione dell'art. 661 Codice di procedura civile

La norma fissa un criterio di competenza per territorio inderogabile in relazione al luogo ove si trova l'immobile locato, al fine indubbiamente di rendere vicino per l'intimato il luogo di trattazione della controversia.
Qualora la domanda di convalida riguardi una delle ipotesi di cui all’art. 659 del c.p.c. (ossia un rapporto di locazione d’opera), vale sempre il criterio di competenza territoriale disciplinato dalla norma in esame, mentre per la fase ordinaria l'incompetenza potrà essere eccepita nella memoria difensiva o rilevata d'ufficio all'udienza di discussione qualora tale criterio non coincida con uno dei fori previsti dall'art. 413 del c.p.c..

Parte della dottrina ritiene che il foro previsto dalla presente norma dovrebbe prevalere anche sul c.d. foro erariale previsto per le amministrazioni difese dall'Avvocatura distrettuale, mentre secondo altra tesi il foro dello Stato trova sempre applicazione salvo esplicite deroghe.

E’ discusso se sia possibile il rilievo di una questione di competenza già nella fase speciale e soprattutto quale sia il tipo di provvedimento da adottare.
Secondo alcuni deve escludersi la possibilità di emettere sia l'ordinanza di convalida che quella provvisoria di rilascio; il giudice dovrebbe invitare le parti a precisare le conclusioni e pronunciarsi con ordinanza in caso di accordo tra le parti, mentre con sentenza in assenza di accordo.

Secondo altra tesi, peraltro prevalente, invece, il giudice deve necessariamente disporre il passaggio alla fase ordinaria anche perché le valutazioni sulla competenza nella fase sommaria potrebbero non corrispondere a quelle da adottare nella fase ordinaria.

E’ discusso se le controversie inerenti il rapporto di locazione, o quanto meno quelle deducibili con il giudizio di convalida, possano essere decise dagli arbitri (c.d. arbitrato rituale).
Prevale in dottrina la tesi che tende ad escludere la possibilità che gli arbitri conoscano della fase sommaria del giudizio di convalida, sulla scorta del principio che a loro non sono riconosciuti poteri coercitivi e non possono essere devoluti i procedimenti speciali previsti dal Libro IV del codice di rito (pertanto, la devoluzione potrebbe riguardare solo la fase ordinaria successiva).

Altro tema interessante di cui si è discusso in relazione alla norma in esame è quello relativo al rapporto tra il giudizio di convalida di sfratto per finita locazione (o per morosità) e il giudizio ordinario avente ad oggetto la cessazione della locazione (o la risoluzione per inadempimento), nell’ipotesi in cui siano relativi allo stesso rapporto e indichino la medesima scadenza ovvero pongano a fondamento della domanda la stessa morosità.

Secondo la tesi prevalente dovrebbe escludersi la litispendenza in considerazione del fatto che, pur riguardano i due procedimenti la stessa causa di merito, si differenzierebbero per la possibilità che nella convalida l'azione possa esaurirsi con l'ordinanza ovvero pervenire all'ordinanza provvisoria, mentre in quello ordinario il giudizio si chiude con sentenza.
Secondo una tesi minoritaria, invece, può aversi litispendenza quando, per effetto dell'opposizione dell'intimato, il giudizio di convalida prosegue con il rito ordinario.

Qualora, invece, tra i due giudizi vi sia soltanto una coincidenza parziale, sia avrà continenza; ricorre tale ipotesi, ad esempio, quanto si inizia un secondo giudizio in cui si deduce una morosità diversa e successiva rispetto a quella dedotta nel primo giudizio (la seconda domanda si dice che "contiene" la prima).

Deve, comunque, osservarsi che l'attuale criterio di competenza con accentramento della cognizione di tutte le controversie di locazione presso il giudice monocratico dovrebbe ridurre l'importanza di problematiche di questo tipo, che potrebbero risolversi per mezzo dell'istituto della riunione; quest’ultimo istituto presuppone il passaggio alla fase ordinaria e lascia, quindi, salva la possibilità di adottare l'ordinanza provvisoria che appartiene alla fase sommaria.

Massime relative all'art. 661 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 14476/2019

Nel procedimento per convalida di sfratto, la questione di competenza, come ogni altra questione volta a contestare la domanda di merito, può ben essere sollevata già nell'udienza di comparizione, anche al fine di contrastare l'accoglimento dell'eventuale istanza finalizzata a conseguire l'ordinanza di rilascio, ma il suo esame è compiuto in quella sede in funzione della sola decisione su tale domanda incidentale sicché, un'espressa decisione sulla questione di competenza non può essere qualificata come sentenza, dovendo detta questione essere comunque decisa nel conseguente giudizio a cognizione piena sulla domanda di merito. Ne consegue che è inammissibile il regolamento di competenza proposto avverso una decisione sulla competenza che sia stata adottata all'esito della fase a cognizione sommaria del suddetto procedimento.

Cass. civ. n. 4016/2008

Nel procedimento per convalida di sfratto, la questione di competenza, come ogni altra questione volta a contestare la domanda di merito, può ben essere sollevata già nell'udienza di comparizione, anche al fine di contrastare l'accoglimento dell'eventuale istanza intesa ad ottenere l'ordinanza di rilascio, ma il suo esame è compiuto nella stessa sede in funzione della sola decisione su tale domanda incidentale, sicché un'espressa decisione sulla questione di competenza non la si può qualificare come sentenza, dovendo detta questione essere comunque decisa nel conseguente giudizio a cognizione piena sulla domanda di merito. Ne consegue che è inammissibile il regolamento di competenza proposto avverso una decisione sulla competenza che sia stata adottata all'esito della fase a cognizione sommaria del suddetto procedimento unitamente al provvedimento di rilascio con riserva delle ulteriori eccezioni dell'intimato (come verificatosi nella specie).

Cass. civ. n. 11967/2005

Il richiamo posto dall'art. 7 R.D. n. 1611/ 1933 (sulla rappresentanza in giudizio dello Stato) ai «giudizi innanzi ai pretori» in ordine ai quali le norme di competenza ordinaria rimangono ferme anche quando sia in causa un'amministrazione dello Stato si deve intendere riferito, a seguito dell'entrata in vigore del D.L.vo n. 51/1998 (istitutivo del giudice unico di primo grado) ai «giudizi innanzi ai tribunali in composizione monocratica già attribuiti alla competenza dei pretori». Questo principio trova applicazione in materia di procedimento per convalida di sfratto, alla luce anche della nuova formulazione dell'art. 661 c.p.c. introdotta dal D.L.vo n. 51/1998.

Cass. civ. n. 354/1993

Le innovazioni sulla competenza introdotte con la L. 30 luglio 1984, n. 399, che, all'art. 6 n. 3, ha modificato l'art. 661 c.p.c., stabilendo la competenza inderogabile del pretore per le intimazioni di licenza o di sfratto, non influiscono sui criteri di competenza stabiliti per il procedimento previsto dall'art. 32 R.D. 28 aprile 1938, n. 1165, a norma del quale gli Istituti Autonomi delle Case Popolari, in caso di mancato pagamento delle rate di affitto, possono richiedere lo sfratto con ricorso al conciliatore, al pretore o al presidente del tribunale competente a conoscere dell'azione per il pagamento o lo sfratto, perché tale procedimento, concludendosi con un decreto che ha il contenuto di una ingiunzione di pagamento, ancorché destinato, in caso di inadempimento, ad assumere le funzioni di titolo anche per l'esecuzione dello sfratto, oltre che per l'espropriazione mobiliare dei beni dell'inquilino debitore, ha la natura di uno speciale procedimento di ingiunzione e non quella di un procedimento di sfratto.

Cass. civ. n. 387/1991

Con riguardo ad un contratto di locazione, per cui sia prevista in forza di clausola compromissoria la cognizione di arbitri per le relative controversie, questa trova limite nel procedimento di convalida di sfratto, per cui sussiste la competenza funzionale ed inderogabile del pretore quanto alla fase di cognizione sommaria che si conclude con una pronuncia di convalida (art. 663 c.p.c.) o con l'ordine provvisorio di rilascio (art. 665 c.p.c.), tal che, quando sia proposta opposizione da parte dell'intimato conduttore ed il procedimento speciale si sia trasformato in ordinario processo di cognizione, non esiste alcuna preclusione per la deferibilità agli arbitri di questa seconda fase del procedimento in attuazione della clausola compromissoria.

Cass. civ. n. 11499/1990

Nel procedimento di sfratto il foro esclusivo funzionale del giudice del luogo in cui si trova la cosa locata è previsto soltanto per la fase sommaria del procedimento stesso, mentre, in caso di opposizione dell'intimato, il successivo giudizio di cognizione è soggetto alle norme ordinarie sulla competenza, anche per territorio, con la conseguenza che al riguardo di esso tale competenza può trovare diverso regolamento in relazione a clausola di esclusività contenuta nel contratto di locazione.

Cass. civ. n. 2412/1989

La competenza in ordine alla domanda — proposta dopo l'entrata in vigore della L. 27 luglio 1978, n. 392 (cosiddetta sull'equo canone) — volta ad ottenere il rilascio dell'immobile ad uso abitativo per generica «finita locazione», va determinata, alla stregua della disciplina contenuta nel codice di procedura civile, non rientrando detta controversia in alcuna delle ipotesi previste, in materia di competenza, dalla speciale disciplina degli artt. 30 e 45 della L. n. 392 che, dettata con riferimento a ben individuate e circoscritte fattispecie, non può essere analogicamente estesa — mancando quei richiami e rinvii incrociati che l'art. 73 pone con esclusivo riferimento agli immobili destinati ad uso non abitativo — a situazioni diverse.

Cass. civ. n. 4573/1976

Nel procedimento di sfratto, qualora il convenuto deduca il diritto di proprietà sull'immobile locato, non al limitato fine di ottenere il rigetto della domanda, ma allo scopo di conseguire riconvenzionalmente il riconoscimento del diritto medesimo, insorge la necessità di decidere con efficacia di giudicato l'indicata questione pregiudiziale, ed il conciliatore od il pretore aditi, in quanto privi di competenza sulla causa pregiudiziale, devono rimettere la cognizione della stessa al giudice superiore, salva la facoltà di sospendere il procedimento di sfratto, in attesa della decisione di quel giudice. In detta situazione, il carattere esclusivo della competenza del conciliatore o del pretore sulla causa di sfratto, ai sensi dell'art. 661 c.p.c., non consente un simultaneo processo davanti al giudice superiore, secondo i criteri dettati dall'art. 34 c.p.c.

Cass. civ. n. 1879/1972

Qualora il giudice adito per la convalida dell'intimazione di licenza o di sfratto sia territorialmente incompetente il giudice stesso dovrà limitarsi a dichiarare la propria incompetenza senza poter emettere alcuna pronuncia né sulla domanda di convalida né sull'istanza di provvedimento di rilascio né sulla rimessione delle parti dinanzi al giudice competente per il merito.

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