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Articolo 579 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Persone ammesse agli incanti

Dispositivo dell'art. 579 Codice di procedura civile

Salvo quanto è disposto nell'articolo seguente, ognuno, eccetto il debitore, è ammesso a fare offerte all'incanto(1).

Le offerte debbono essere fatte personalmente o a mezzo di mandatario munito di procura speciale.

I procuratori legali possono fare offerte per persone da nominare(2).

Note

(1) Il primo comma della norma in analisi ribadisce il divieto per il debitore di presentare offerte d'acquisto dell'immobile all'incanto. Il divieto si estende anche all'eventuale accordo tra il debitore ed il terzo incaricato dal debitore stesso di acquistare per suo conto l'immobile, poiché tale accordo configura un negozio diretto ad aggirare il divieto gravante sul debitore di effettuare offerte all'incanto.
(2) Nel caso in cui l'offerta venga proposta a mezzo di mandatario è necessario che nella procura sia individuato esattamente il bene che si vuole acquistare.
Se l'offerta è proposta a mezzo di avvocato, questo può fare l'offerta per persona da nominare o anche a proprio nome. Nella prima ipotesi, la mancata effettuazione della nomina da parte dell'avvocato che si è reso aggiudicatario per persona da nominare comporta il definitivo perfezionamento della stessa a nome dell'avvocato.
L'avvocato che ha assunto la qualità di offerente per persona da nominare, partecipando alla vendita, può impugnare in proprio e non nella qualità assunta, il provvedimento di aggiudicazione del bene in favore di altri.

Spiegazione dell'art. 579 Codice di procedura civile

Tutti sono ammessi a fare offerte all'incanto, ad eccezione del debitore.
Le offerte possono essere fatte personalmente o a mezzo di mandatario munito di procura speciale, nella quale deve essere indicato, con estrema chiarezza, anche il bene da acquistare.
Gli avvocati possono fare offerte per persone che in seguito individueranno, a norma dell'art. 583 del c.p.c., mediante dichiarazione depositata in cancelleria nel termine di tre giorni dall'incanto unitamente al mandato ricevuto, secondo lo schema del contratto per persona da nominare di cui agli artt. 1401 ss. c.c.
Sembra naturale che la possibilità di presentare un’offerta senza rendere nota la propria identità non può costituire un sistema per eludere i divieti posti dall’art. 1471 del c.c. e dall’art. 579 del c.p.c., in quanto se così fosse l'aggiudicazione si consoliderebbe in capo all'avvocato.

In ogni caso quest'ultimo, in considerazione dell’eventualità che l'aggiudicazione sia disposta in suo favore in caso di invalidità del mandato o mancato deposito di esso, deve a sua volta essere sempre capace di acquistare.

In dottrina non vi è uniformità di opinioni circa il fatto se il mandato debba essere conferito prima della partecipazione all'incanto e dell'aggiudicazione o se, al contrario, possa essere successivo.
Secondo una prima tesi, la circostanza che l'istituto in questione non rientra nello schema della rappresentanza indurrebbe ad escludere la necessità di un preventivo conferimento del potere; secondo altra tesi, invece, la regola dell'anteriorità del mandato dovrebbe dedursi dalla disciplina generale dettata dall’art. 1402 del c.c., con cui andrebbe integrata la norma in esame.

Massime relative all'art. 579 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 4149/2019

In tema di espropriazione forzata, il divieto di acquisto previsto, a pena di nullità, dal combinato disposto del primo comma, n. 2, e del secondo comma dell'art. 1471 c.c. per il pubblico ufficiale relativamente ai beni venduti per suo ministero si applica ai soggetti che istituzionalmente concorrono o possono concorrere allo sviluppo della procedura esecutiva e, pertanto, tra gli altri, al giudice dell'esecuzione designato per la procedura e ai suoi sostituti istituzionali od occasionali – ossia ai magistrati appartenenti allo stesso ufficio che gli siano subentrati o possano subentrargli per uno o più atti della procedura stessa o per le azioni di cognizione ad essa collegate in forza di previsioni di legge o di tabella di organizzazione che chiaramente e univocamente li identifichino -, ma non si estende ai magistrati che, ancorché in servizio presso il tribunale che procede alla vendita, a meno di specifiche previsioni tabellari o di peculiari vicende in fatto, non siano stati, né potrebbero essere coinvolti o comunque interferire nel procedimento, così che la partecipazione all'asta da parte di questi ultimi, pur assumendo rilevanza ai fini della responsabilità disciplinare, non incide sulla validità dell'acquisto.

Cass. civ. n. 3518/1994

La norma di cui all'art. 579, terzo comma, c.p.c., mentre attribuisce solo ai procuratori legali, e non ad altri, la legittimazione a fare offerte per persona da nominare nella vendita all'incanto disposta dal giudice dell'esecuzione, non esclude che gli stessi procuratori possono fare offerte in proprio, comportando, nel primo caso, l'inottemperanza all'obbligo di dichiarazione di nomina non la nullità dell'aggiudicazione bensì la definitività di questa a norma del procuratore stesso a norma del secondo comma dell'art. 583 c.p.c.

Cass. civ. n. 2606/1985

In tema di vendita all'incanto di beni acquisiti al fallimento, il principio, secondo il quale le offerte, ivi incluse quelle in aumento del sesto, devono essere effettuate personalmente (artt. 579 e 584 c.p.c., applicabili in forza del richiamo dell'art. 105 della legge fallimentare), è rivolto a consentire all'ufficio la possibilità di identificare il soggetto autore della dichiarazione. L'inosservanza di quel principio, pertanto, non spiega effetti invalidanti, quando la suddetta esigenza risulti ugualmente assicurata (nella specie, trattandosi di offerta consegnata direttamente al curatore, durante uno sciopero dei cancellieri, e poi depositato in cancelleria da un incaricato del curatore medesimo).

Cass. civ. n. 5526/1982

La norma del primo comma dell'art. 579 c.p.c., per la quale, nel sistema di vendita forzata all'incanto, soltanto il debitore esecutato non è ammesso a fare offerte, è di carattere eccezionale e pertanto, non è analogicamente applicabile ad altre ipotesi. In tale sistema, inoltre, poiché il prezzo di acquisto è determinato oggettivamente dalla gara, è privo di rilievo il contrasto (comunque non deducibile dall'esecutato) fra l'interesse del creditore pignorante e dei creditori intervenuti alla realizzazione del maggior prezzo e l'interesse degli offerenti all'acquisto al minor prezzo.

Cass. civ. n. 1814/1982

In tema di espropriazione immobiliare non è affetta da nullità perché contra legem, la convenzione stipulata prima dell'incanto con la quale le parti stabiliscono che una sola di esse concorra, a spese comuni, all'asta del bene espropriato, con l'impegno di trasferire all'altra parte, in caso di aggiudicazione, la metà di detto bene, in quanto la legge, come non vieta che ad un incanto concorrano congiuntamente due o più soggetti, in vista di un comune interesse all'acquisto, così non vieta che uno od alcuni di costoro diano mandato ad uno dei cointeressati di partecipare all'asta anche in loro nome o nel loro interesse.

Cass. civ. n. 605/1982

In tema di espropriazione forzata immobiliare, la previsione dell'art. 579 c.p.c. denegativa per il debitore esecutato dalla legittimazione di fare offerte all'incanto — che non integra un divieto dell'acquisto da parte del debitore — costituendo norma eccezionale rispetto alla regola stabilita dallo stesso art. 579 per la quale la legittimazione all'offerta compete ad «ognuno», non può trovare applicazione analogica per altre ipotesi od a altri soggetti non considerati in detta norma, neppure con riguardo al coniuge del debitore — ancorché sussista tra i coniugi il regime di comunione legale dei beni previsto dagli artt. 177 e ss. c.c. — sicché questi rientrando nell'ampia e onnicomprensiva categoria delineata dal richiamato art. 579 c.p.c., è ammesso a fare offerte per l'incanto ed offerta di aumento del sesto dopo la aggiudicazione, senza che rilevi il fatto che, per volontà della legge, l'effetto traslativo del bene — operato direttamente soltanto in capo a lui quale offerente aggiudicatario — si ripercuota per la metà nel patrimonio del debitore esecutato.

Cass. civ. n. 2910/1980

A norma dell'art. 579 c.p.c. le offerte all'incanto debbono essere effettuate personalmente o per mezzo di mandatario munito di procura speciale, ricomprendendosi nella prima ipotesi ogni caso in cui la partecipazione dell'offerente è riconducibile ad una sua personale attività. Conseguentemente per le persone giuridiche tale collegamento è desumibile dalla normativa che ne regola il funzionamento e con riguardo alle società dalla preposizione institoria.

Cass. civ. n. 4407/1979

L'art. 579 c.p.c. vieta, con una disposizione di stretta interpretazione, la partecipazione all'asta pubblica del solo debitore esecutato; pertanto, la partecipazione alla predetta asta di un soggetto, nella qualità di persona interposta del coniuge del debitore esecutato, non integra violazione del predetto divieto ove manchi la prova che all'accordo interpositorio — se fittizio — abbia partecipato anche il debitore, ovvero — se reale — sia correlato un mandato, di quest'ultimo al coniuge, per l'acquisto del bene, oggetto dell'esecuzione.

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Consulenze legali
relative all'articolo 579 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Walter B. chiede
lunedì 05/10/2020 - Toscana
“Buongiorno

Vorrei avere informazioni sul seguente quesito.
Ho una piccola azienda, nel 2009 mi hanno pignorato un macchinario per la produzione. all'asta è stato acquistato da un mio conoscente con l'accordo verbale
che una volta che gli avessi restituito i soldi mi avrebbe rivenduto il macchinario. tra la mia azienda e la sua c'era e c'è ancora un rapporto di conto lavorazione.
la restituzione dei soldi da parte mia è avvenuta così: ogni mese dalla fattura di conto lavorazione che dovevo incassare mi veniva pagato con assegno solo la metà della fattura, l'altra metà era per il pagamento del macchinario. circa in un anno ho pagato tutto.
alla fine del mio debito il "conoscente" mi ha detto di aver messo pagato in contabilità le fatture aperte per il 50 % con pagamento in contanti nei miei confronti.
mi ha fatto un contratto d'affitto per il macchinario (che allego)
ad oggi lui si è tenuto i soldi che gli ho restituito anche con interessi,e il macchinario.
ad oggi dopo 11 anni mi ritrovo a lavorare un 30% della produzione per la sua azienda in conto lavorazione (sottopagato circa la metà del prezzo di mercato) in caso contrario mi dice che porta via il macchinario (che in pratica ho pagato 2 volte)
c è una soluzione per riavere il macchinario? grazie, saluti”
Consulenza legale i 12/10/2020
Purtroppo nel nostro caso siamo di fronte ad un accordo verbale, in quanto tale difficile da dimostrare in giudizio.
Certo, se la parte di fatture che non risulta pagata con mezzi “tracciabili” corrisponde al prezzo pagato dal terzo per acquistare all’asta il macchinario, ciò può costituire un elemento di prova, unitamente al fatto che per la parte, invece, che il terzo ha unilateralmente registrato come pagata in contanti non vi è, verosimilmente, quietanza. Tuttavia una eventuale azione in giudizio rimane comunque rischiosa.
Inoltre, qualora si intendesse provare l’esistenza dell’accordo per mezzo di testimoni (sempre che ve ne siano), occorrerebbe considerare che il codice civile (artt. 2721 e ss.) stabilisce una serie di limiti per la prova per testi dei contratti.
Soprattutto, però, in materia di vendita forzata, il codice di procedura civile (artt. 571 e 579) vieta al debitore esecutato di fare offerte per l’acquisto del bene pignorato.
Tale divieto è stato interpretato in maniera piuttosto rigorosa dalla giurisprudenza.
In particolare, Cass. Civ., Sez. III, n. 3952/1988 ha affermato che “nel caso di vendita con incanto nel procedimento di espropriazione forzata immobiliare, l'accordo tra il debitore esecutato ed un terzo, che dal primo sia stato incaricato di acquistare per suo conto l'immobile, configurando un negozio diretto ad eludere il divieto ex art. 579 c. p. c. gravante sul debitore di effettuare offerte all'incanto, è nullo anche con riguardo all'eventuale patto con cui il terzo, prima dell'aggiudicazione, si obblighi a retrocedere (pactum de retrovendendo) l'immobile espropriato al debitore, salvo che si sia in presenza di un mero impegno ad una eventuale retrocessione del bene al debitore nel caso in cui, successivamente, le condizioni economiche di questo ne consentano il riacquisto”.
Così, più recentemente, Tribunale Monza Sez. IV, 16/02/2006: “la norma, di cui all'art. 579 c.p.c., esclude la persona del debitore dal novero dei soggetti ammessi a partecipare all'incanto, avente ad oggetto beni di sua proprietà e trattasi di una norma imperativa destinata ad evitare che l'asta pubblica possa essere oggetto di collusioni in frode ai creditori ed alla stessa procedura esecutiva; ne consegue che un eventuale accordo, destinato ad eludere tale disposizione di legge, deve essere considerato come radicalmente nullo, ai sensi dell'art. 1343 c.c. ovvero dell'art. 1344 c.c.”.
Le norme e le pronunce appena citate si riferiscono alla espropriazione immobiliare; tuttavia la finalità del divieto deve ritenersi sussistente anche in caso di vendita forzata di beni mobili.
Pertanto, nonostante la indubbia mancanza di correttezza del “conoscente”, un’eventuale azione legale per riacquistare la disponibilità del macchinario appare quanto mai rischiosa; rimarrebbe da verificare la possibilità di recuperare le somme corrispondenti al prezzo del macchinario, e comunque non pagate dal terzo, anche se ciò incontra i limiti e le difficoltà di prova che abbiamo sopra evidenziato.

Anonimo chiede
venerdì 03/11/2017 - Sicilia
“Buongiorno sono un debitore esecutato da una banca , per un mutuo.mia moglie e' datrice di ipoteca . in questo momento l'immobile e' stato aggiudicato. io ho contestato la procedura perche non hanno fatto partecipare mia moglie all'asta.il giudice alla mia istanza ha risposto che mia moglie oltre ad essere terza datrice di ipoteca e' diventata anche debitrice esecutata perche il condominio con un'ingiunzione di pagamento e' intervenuto utilizzando l'articolo 499 cpc come creditore intervenuto tardivamente .Io ritengo che se il condominio fosse intervenuto con l'uso dell'articolo 524 cpc ossia pignoramento successivo , mia moglie sarebbe diventata debitrice esecutata , ma in questo caso mia moglie e' soggetta ad un solo procedimento instaurato dalla banca ed in questo procedimento mia moglie e' terza datrice di ipoteca . perche e' diventata debitrice esecutata. Grazie”
Consulenza legale i 15/11/2017
Analizzati gli atti di causa, la decisione del giudice di ritenere anche Sua moglie debitrice esecutata è fondata.

Sua moglie è debitrice nei confronti del Condominio della somma di Euro 4.034,45.
Il Condominio, essendosi munito di un valido titolo esecutivo (decreto ingiuntivo) nei confronti di Sua moglie, correttamente è intervenuto nella procedura esecutiva nella quale la stessa era datrice di ipoteca.
Nella espropriazione contro il terzo proprietario, soggetto passivo della espropriazione è sempre il terzo, sicchè possono intervenire anche i creditori personali del terzo, senza bisogno di dover procedere ad un nuovo pignoramento.

L’intervento nella procedura esecutiva disciplinata dagli art. 602 ss c.p.c. non è, infatti, consentito ai creditori del “debitore principale” diversi dal titolare del credito garantito da ipoteca sul bene; possono invece intervenire e, quindi, soddisfarsi sul ricavato della vendita, i creditori del terzo proprietario.

Legittimamente, pertanto, Sua moglie è stata esclusa dalla partecipazione alla procedura di aggiudicazione dell’immobile in quanto anche nei confronti della stessa trova applicazione il divieto di presentare offerte di acquisto dell’immobile pignorato di cui all’art 579 c.p.c. perchè, si ripete, debitrice esecutata per effetto del proprio personale debito nei confronti del Condominio.

G. B. chiede
mercoledì 02/11/2022 - Sicilia
“Ho partecipato ad una asta immobiliare senza incanto tramite il mio avvocato o procuratore legale con una procura speciale che indicava la possibilità di partecipare ad aste giudiziarie e la mia firma è stata autenticata dallo stesso legale e non da notaio o pubblico ufficiale. Il GE ha ritenuto non valida la mia partecipazione (ero l'unico offerente) perchè la procura non era notarile ed ha indetto una nuova gara confermando però lo stesso importo. Mi chiedo se il GE non doveva considerare deserta la prima gara e quindi abbassare di un ulteriore 25% il prezzo a base d'asta? Ed inoltre prima di indire una nuova asta, non doveva attendere l'esito della mia oppisizione agli atti esecutivi? Attendo vs grazie”
Consulenza legale i 10/11/2022
La decisione adottata dal Giudice dell’esecuzione deve ritenersi del tutto corretta e come tale incensurabile.
La disposizione che rileva nel caso di specie, infatti, è l’art. 571 c.p.c., norma che, inserita nel paragrafo relativo alla vendita senza incanto, prevede che chiunque, tranne il debitore, sia legittimato ad offrire per l’acquisto di un immobile pignorato “personalmente o a mezzo di procuratore legale, anche a norma dell’art. 579, ultimo comma”.

Ora, dato per presupposto che l’espressione “procuratore legale” deve ormai intendersi sostituita con quella di “avvocato”, va osservato che il legislatore ha voluto prevedere per la vendita senza incanto una disciplina diversa rispetto a quella della vendita con incanto.
Infatti, nel caso di vendita senza incanto, colui il quale decide di partecipare all’asta lo può fare:
a) personalmente;
b) a mezzo di un avvocato munito di procura speciale notarile e in qualità di procuratore speciale
c) a mezzo di avvocato per persona da nominare

Nel caso di vendita con incanto, invece, trova applicazione l’art. 579 c.p.c., dal quale è dato desumere che le offerte possono essere avanzate:
a) personalmente
b) a mezzo di mandatario munito di procura speciale notarile
c) a mezzo di avvocato per persona da nominare.

Come può notarsi, in questo secondo caso non occorre che il mandatario sia anche “procuratore legale” (adesso “avvocato”), e la ragione di tale differente disciplina si rinviene nel fatto che esiste tra i due tipi di vendita una differenza strutturale, posto che con l'incanto non si manifesta la volontà irrevocabile di acquistare, ma si dichiara soltanto di voler partecipare al relativo procedimento (senza essere neppure vincolati a tale manifestazione di volontà), mentre l'offerta di vendita senza incanto è irrevocabile (al pari di una vera e propria proposta di acquisto), almeno fino a quando il G.E. o il suo delegato l'abbiano esaminata e comunque per centoventi giorni.
La delicatezza delle scelte che l'offerente è chiamato ad assumere nella vendita senza incanto rendono non irrazionale l'opzione legislativa adottata per la relativa disciplina, richiedendo la figura tecnica di un legale, ove l'offerta non sia presentata personalmente.

Nel caso di specie, l’offerta sembra essere stata fatta correttamente a mezzo della figura tecnica dell’avvocato, ma senza il rispetto della particolare forma dell’atto pubblico notarile, quale richiesta per effetto del combinato disposto degli artt. 571 e 579 c.p.c.
Come tale, corretta è stata la soluzione adottata dal giudice di non ritenere validamente manifestata la volontà dell’offerente per il mancato rispetto delle forme prescritte dalla legge, il che ha determinato l’impossibilità di dare corso alla vendita trattandosi dell’unica offerta pervenuta.
La ragione per la quale il giudice dell’esecuzione ha deciso di non prendere in considerazione l’offerta, si ritiene che non lasci spazio alcuno per consentire all’offerente escluso di avvalersi del rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi, difettando in capo a costui ogni legittimazione attiva.
E’ pure vero che legittimato ad agire possa essere chiunque abbia un interesse giuridicamente apprezzabile a che il processo esecutivo si svolga correttamente, ma a tale riguardo la giurisprudenza ha ritenuto legittimati a proporre opposizione ex art. 617 c.p.c. l’aggiudicatario (dichiarato decaduto o definitivo) (cfr., in tal senso Cass. 22.4.2014, n. 7708 ), l’aggiudicatario provvisorio (Cass. 26.10.1992, n. 11615), l’offerente non aggiudicatario (Cass. ord.18.11.2014, n. 24550), il comproprietario non debitore del bene indiviso pignorato.
Come può notarsi, nessuna legittimazione va riconosciuta in capo a colui la cui offerta non può ritenersi validamente manifestata, per mancato rispetto dei requisiti minimi formali richiesti perché la stessa possa dirsi venuta ad esistenza.

Quanto fin qui detto, consente di poter così rispondere alle domande che vengono poste:
a) l’invalidità dell’offerta presentata ha, di fatto, determinato un rinvio di quella che sarebbe stata la precedente gara, ed in ogni caso, anche a voler configurare la successiva gara come ulteriore rispetto alla prima infruttuosa, rientra pur sempre nella mera facoltà del giudice di modificare le condizioni di vendita ed il prezzo fissato a base d’asta.
A ciò si aggiunga che occorrerebbe tenere presente quanto stabilito al riguardo dall’ordinanza di vendita, costituendo quest’ultima lex specialis della procedura esecutiva;
b) il giudice, prima di indire la nuova gara, non può considerarsi minimamente obbligato ad attendere l’esito dell’opposizione agli atti esecutivi, trattandosi di opposizione il cui esito si ritiene scontato, in quanto avanzata da soggetto privo di legittimazione attiva.