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Articolo 404 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Casi di opposizione di terzo

Dispositivo dell'art. 404 Codice di procedura civile

Un terzo può fare opposizione contro la sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva pronunciata tra altre persone quando pregiudica i suoi diritti (1) (2).

Gli aventi causa e i creditori di una delle parti possono fare opposizione alla sentenza, quando è l'effetto di dolo o collusione a loro danno (3).

Note

(1) Si tratta della c.d. opposizione di terzo ordinaria caratterizzata dal fatto che il terzo tutela un proprio autonomo diritto incompatibile con la sentenza impugnata. In particolare, il terzo, attraverso il rimedio in esame, mira ad eliminare il pregiudizio che la sentenza può arrecargli a causa della connessione del suo diritto con il rapporto dedotto in giudizio. Si pensi all'ipotesi di un terzo che vanti un diritto di locazione verso una delle parti processuali nei cui confronti viene emessa una sentenza di condanna al rilascio dell'immobile in favore della controparte processuale. In questa, come in altre ipotesi analoghe, il rimedio dell'opposizione consente al terzo di escludere l'efficacia della sentenza nei suoi confronti.
(2) La Corte costituzionale, con sent. 26 maggio 1995, n. 192, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del primo comma "nella parte in cui non ammette l'opposizione di terzo avverso l'ordinanza di convalida di licenza per finita locazione".
È questa la c.d. opposizione di terzo revocatoria. Essa è volta ad eliminare il pregiudizio che la sentenza può generare nella sfera giuridica degli aventi causa o dei creditori di una delle parti. In particolare, gli aventi causa possono essere pregiudicati in caso di soccombenza del dante causa in relazione al diritto da essi acquistato; i creditori, invece, subiscono le conseguenze negative della riduzione del patrimonio del debitore. In entrambi i casi, trattandosi di un pregiudizio che si realizza secondo diritto, l'opposizione è concessa solo quando la sentenza sia frutto del dolo o della collusione delle parti in danno del terzo.

Ratio Legis

L'opposizione di terzo costituisce un mezzo di impugnazione straordinario e facoltativo: è straordinario in quanto può essere proposto nonostante il passaggio in giudicato della sentenza (art. 324 del c.p.c.) ed è facoltativo in quanto il terzo può far valere le proprie ragioni anche mediante un'autonoma azione di accertamento del suo diritto.

Spiegazione dell'art. 404 Codice di procedura civile

L’opposizione di terzo costituisce un mezzo di impugnazione anomalo con riguardo al soggetto a cui spetta la legittimazione di esperirlo, in quanto tale legittimazione compete a favore di chi è terzo rispetto al precedente giudizio (ossia a favore di soggetto che non ha rivestito la qualità di parte processuale).

Si tratta di un mezzo di impugnazione straordinario (la sua proposizione non è impedita dal passaggio in giudicato della sentenza alla quale ci si oppone), il quale a sua volta si distingue in opposizione ordinaria (è tale quella prevista al primo comma) e straordinaria (prevista al secondo comma).

Il codice di procedura civile per la verità non contiene alcuna norma da cui sia possibile ricavare una definizione espressa del concetto di parte.
Tre, tuttavia, sono i concetti di parte elaborati dalla dottrina, e precisamente:
  1. parte in senso formale: è tale il soggetto chiamato a contraddire nel processo;
  2. parte in senso processuale: è tale il titolare di diritti ed oneri derivanti esclusivamente dal processo e non dalla titolarità del diritto dedotto in giudizio;
  3. parte in senso sostanziale: è tale la parte soggetta agli effetti della sentenza, in quanto titolare del rapporto dedotto in giudizio.

Il terzo è colui che assume nel processo la posizione di parte in senso formale, essendo indispensabile che l'opponente non abbia assunto tale qualità nel giudizio in cui è stata resa la sentenza che si impugna.
Ciò comporta che non può proporre opposizione di terzo:
  1. chi ha proposto domanda;
  2. colui nei confronti del quale la domanda sia stata proposta;
  3. chi è intervenuto spontaneamente o coattivamente nel processo;
  4. chi, non avendo preso parte al processo, sia comunque ammesso ad esercitare le impugnazioni riservate alle parti (es. il sostituto processuale, il rappresentato, il successore a titolo universale ed il successore a titolo particolare).
Non può neppure proporre opposizione ordinaria il terzo a cui sia concesso l’esercizio dell’opposizione revocatoria.

Oltre a non aver assunto la qualità di parte nel processo conclusosi con la sentenza che si intende impugnare, occorre anche che l’opponente deduca l’esistenza di un pregiudizio causato dalla sentenza ai suoi diritti (non sarebbe sufficiente far valere un interesse di fatto, non protetto giuridicamente).

Occorre altresì che il diritto tutelato con l'opposizione di terzo sia preesistente alla sentenza (e da essa leso in modo attuale e concreto) e che sia autonomo ed incompatibile con quello affermato dalla sentenza impugnata.

La necessità del carattere autonomo del diritto che si intende tutelare si fa discendere dal secondo comma di questa norma, in quanto ai terzi che potrebbero subire una qualche efficacia dall'altrui giudicato è riservata l'opposizione revocatoria.

L’incompatibilità del diritto dell’opponente con quello riconosciuto nella sentenza che si oppone ricorre quando ciascuno dei due diritti nega potenzialmente l’esistenza o il contenuto dell’altro, con la conseguenza che ciò arreca un pregiudizio al diritto del terzo opponente (si tratta del c.d. danno da esecuzione, il quale si fa scaturire non solo dall'esecuzione forzata in senso stretto, ma anche dall'attuazione inter partes del comando contenuto nella sentenza).

Tipico esempio che può farsi è quello della sentenza passata in giudicato la quale riconosca la proprietà di una cosa ad un soggetto nei confronti di un'altra parte, dando vita ad una situazione giuridica incompatibile con il diritto di proprietà vantato sullo stesso oggetto da un terzo.

Se il diritto del terzo dovesse essersi maturato dopo la formazione del titolo esecutivo (ad esempio, in caso di sopravvenuta usucapione del bene), il rimedio esperibile sarebbe quello della opposizione all'esecuzione.

L’esercizio dell’opposizione ordinaria è anche ammesso in favore dei litisconsorti necessari pretermessi.
Sia la giurisprudenza che la dottrina qualificano l’opposizione di terzo come un rimedio facoltativo, in quanto il terzo può, in alternativa ad esso, agire a tutela della propria posizione giuridica in via di cognizione ordinaria.

Provvedimenti impugnabili, secondo quanto espressamente previsto al primo comma, sono le sentenze passate in giudicato o, comunque, esecutive, sia quelle emesse dai giudici ordinari che dai giudici speciali, mentre va esclusa la possibilità di esperire opposizione di terzo avverso le sentenze emesse all'esito di un processo tributario.
Deve anche negarsi l'esperibilità dell'opposizione di terzo ordinaria avverso i provvedimenti cautelari, non essendo questi equiparabili ai provvedimenti che questa norma prevede come oggetto di impugnazione.

Per quanto concerne i rapporti sussistenti tra opposizione di terzo ed altri mezzi di impugnazione, in particolare l’appello, va osservato che l’art. 344 del c.p.c. consente ai terzi legittimati a proporre opposizione di spiegare intervento in appello.
Ciò induce ad affermare che la pendenza dell'appello impedisca al terzo di proporre opposizione ordinaria, in quanto costui può far valere il suo diritto autonomo ed incompatibile intervenendo nel giudizio di appello.

Quanto al concorso con le altre impugnazioni ordinarie, in assenza di una espressa previsione legislativa al riguardo, sembra prevalere, almeno nella giurisprudenza, la tesi secondo cui le due impugnazioni possano essere contemporaneamente trattate e decise, dovendosi poi procedere ad un coordinamento delle due sentenze.

L’altra forma di opposizione di terzo prevista da questa norma è la c.d. opposizione di terzo revocatoria, la quale costituisce un mezzo di tutela riconosciuto ai creditori e agli aventi causa che intendano sottrarsi all'efficacia della sentenza altrui, allegando il dolo o la collusione a loro danno.
Legittimati ad agire ai sensi del 2° sono i creditori (ancorché il loro credito sia sottoposto a termine o a condizione o sia garantito da ipoteca) e gli aventi causa.
La nozione di avente causa risulta essere molto ampia, in quanto ricomprende tutti i soggetti titolari di diritti o di obblighi legati da un nesso di pregiudizialità dipendenza con quello oggetto della decisione che si vuole opporre (vi si fanno rientrare solo i successori a titolo particolare e non anche gli eredi).

Solo nei confronti dell'opposizione di terzo revocatoria si applica il termine di trenta giorni per la sua proposizione previsto dall' art. 325 del c.p.c..

La norma richiede che la sentenza sia l'effetto di comportamenti dolosi o collusivi delle parti in danno del terzo, il che esclude che tale rimedio possa esperirsi allorchè tali comportamenti siano stati posti in essere da una parte in danno dell'altra per la definizione, in suo favore, della lite.

Il dolo non si esaurisce nella preordinazione di atti positivi volti a danneggiare il terzo, ma può estrinsecarsi anche in omissioni e come tale può provenire anche da una sola delle parti.
La collusione, invece, consiste in un accordo fra le parti a danno del terzo, accordo che può essere anche tacito ed aver luogo sia prima che nel corso della lite.

Indubbiamente occorre che il terzo dimostri, oltre alla sussistenza del dolo o della collusione, anche il rapporto di causalità fra tali elementi e il contenuto della decisione.

A differenza dell'opposizione di terzo ordinaria, la quale ha sempre carattere facoltativo, l'opposizione di terzo revocatoria deve essere sempre necessariamente proposta ove ricorrano i requisiti previsti dal secondo comma della norma.

Massime relative all'art. 404 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 18601/2021

E' inammissibile l'opposizione di terzo proposta da colui che sia indicato come vero padre, avverso la sentenza, passata in giudicato, di disconoscimento della paternità, quando l'opponente deduca che l'esito (positivo) dell'azione di disconoscimento di paternità si riverberi sull'azione di riconoscimento della paternità intentata nei suoi confronti, in quanto il pregiudizio fatto valere è di mero fatto, laddove il rimedio contemplato dall'art. 404 c.p.c. presuppone che l'opponente azioni un diritto autonomo, la cui tutela sia però incompatibile con la situazione giuridica risultante dalla sentenza impugnata. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANIA, 17/05/2019).

Cass. civ. n. 9720/2020

Il terzo che sostiene di aver acquisito per usucapione un bene di cui è stata ordinata la demolizione, per effetto di pronuncia resa in un giudizio svoltosi tra altri soggetti, deve proporre l'opposizione di terzo di cui all'art. 404 c.p.c. quando allega che l'usucapione è maturata anteriormente alla formazione del titolo esecutivo, trattandosi di una pretesa incompatibile con la sentenza azionata, mentre deve proporre l'opposizione all'esecuzione di cui all'art. 615 c.p.c., qualora alleghi che l'usucapione sia maturata successivamente alla formazione del titolo giudiziale e costituisca pertanto un fatto impeditivo della pretesa esecutiva. (Rigetta, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 29/08/2017).

Cass. civ. n. 5244/2019

L'opposizione ordinaria di terzo, di cui al primo comma dell'art. 404 c.p.c., non può essere esperita da tutti coloro che assumano la posizione di terzi rispetto al giudizio in cui è stata emessa la sentenza opposta, ma soltanto da coloro i quali, rivestendo tale qualità, facciano anche valere, in relazione al bene oggetto della controversia, un proprio diritto, autonomo e, nel contempo, incompatibile con il rapporto giuridico accertato o costituito dalla sentenza stessa e siano, perciò, da essa pregiudicati in un loro diritto, pur senza essere soggetti agli effetti del giudicato.

Cass. civ. n. 29850/2018

Nell'esecuzione per consegna o rilascio, avviata in forza di sentenza resa "inter alios", ove il terzo lamenti una lesione della sua situazione soggettiva che gli deriva non già da un errore sorto nel procedimento esecutivo, bensì direttamente dalla sentenza che ha accertato un diritto incompatibile con quello da lui vantato, egli non può proporre l'opposizione di terzo all'esecuzione, ai sensi dell'art. 619 c.p.c., ma deve invece impugnare il provvedimento stesso con l'opposizione di terzo ordinaria, ai sensi dell'art. 404, comma 1, c.p.c.. (Nella fattispecie, la S.C. ha cassato senza rinvio la decisione di merito riguardante l'opposizione all'esecuzione avanzata da un terzo che - sostenendo di essere proprietario del bene per averlo acquistato dall'esecutato, il quale, a sua volta, lo aveva acquisito per usucapione ventennale accertata con sentenza - aveva contestato il diritto di agire "in executivis" in forza di una sentenza di condanna a restituire un immobile).

Cass. civ. n. 6378/2017

In tema di opposizione di terzo revocatoria, la legittimazione attiva compete al creditore titolare di un credito certo, non essendo a tal fine sufficiente la mera allegazione dello stesso o la produzione di un titolo giudiziale solo provvisoriamente esecutivo e contestato dal debitore, ma risultando necessario che il credito sia stato accertato, anche in via incidentale, dal giudice dell’opposizione, sulla base delle prove fornite dall’opponente. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito circa la mancanza del requisito di certezza del credito fondato su decreto ingiuntivo dichiarato provvisoriamente esecutivo a seguito di opposizione, senza che vi fosse prova del rigetto di quest’ultima).

Cass. civ. n. 4436/2017

La sentenza pronunciata nei confronti del condominio, in persona del suo amministratore, non è impugnabile con l’opposizione ordinaria ex art. 404, comma 1, c.p.c. dai singoli condomini, non essendo questi ultimi terzi titolari di un diritto autonomo rispetto alla situazione giuridica affermata con tale decisione, la quale fa stato anche nei loro confronti, benchè non intervenuti in giudizio, atteso che il condominio è un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei condomini.

Cass. civ. n. 11235/2016

Le sentenze della Corte di cassazione, salvo il caso di decisione della causa nel merito ai sensi dell'art. 384, comma 2, c.p.c., non sono suscettibili di impugnazione a mezzo di opposizione di terzo atteso che, in caso di rigetto del ricorso, l'esecutività pregiudizievole al terzo deriva dalla decisione di merito convalidata in sede di legittimità, mentre, in caso di accoglimento (con o senza rinvio), viene meno la statuizione pregiudizievole al terzo, sicché l'opposizione ex art. 404 c.p.c. è proponibile avverso la pregressa consolidata decisione di merito ovvero, nel secondo caso, avverso la successiva sentenza che, definendo il giudizio di rinvio, riportasse ad attualità la pretesa lesione di un diritto del terzo.

Cass. civ. n. 22694/2015

Il comproprietario può impugnare con opposizione di terzo la sentenza "inter alios" che abbia ordinato la demolizione della cosa, anche qualora egli non specifichi il "pregiudizio" ex art. 404, comma 1, c.p.c., giacché questo, e il correlativo interesse ad impugnare, sono "in re ipsa", discendendo dalla natura del "decisum", implicante la distruzione della cosa oggetto del diritto sostanziale.

Cass. civ. n. 1238/2015

Il litisconsorte necessario pretermesso (come anche il terzo titolare di diritto autonomo e incompatibile, il falsamente rappresentato e il titolare di "status" incompatibile con quello accertato tra altre parti), che ai sensi dell'art. 404 cod. proc. civ. è ammesso all'opposizione ordinaria avverso la sentenza resa in un giudizio "inter alios", può anche proporre una azione di accertamento autonoma della sua posizione, ma, sino al passaggio in giudicato della sentenza che riconosca la situazione come da lui dedotta, gli è preclusa ogni tutela, anche cautelare, avverso l'efficacia esecutiva o gli affetti esecutivi o accertativi derivanti dalla sentenza "inter alios" non opposta.

Il terzo legittimato all'opposizione ordinaria ai sensi dell'art. 404, primo comma, cod. proc. civ., non può, ancorché litisconsorte necessario pretermesso, proporre opposizione all'esecuzione promossa sulla base di un titolo giudiziale formatosi "inter alios", salvo che sostenga che quanto stabilito dal predetto titolo sia stato soddisfatto oppure sia stato modificato da vicende successive, sicché non vi è più nulla da eseguire, nel qual caso deve ritenersi legittimato ai sensi dell'art. 615 cod. proc. civ. Ove, inoltre, l'esecuzione del titolo formatosi "inter alios" si estenda al di fuori dell'oggetto previsto nella statuizione giudiziale, sicché l'esecuzione non è sorretta dal titolo, il terzo può opporsi, nelle forme dell'art. 619 cod. proc. civ., quale soggetto la cui posizione è effettivamente incisa dalla esecuzione, ancorché formalmente terzo rispetto ad essa.

Cass. civ. n. 22466/2014

L'usufruttuario non è legittimato a proporre opposizione di terzo ordinaria, ai sensi dell'art. 404, primo comma, n. 1 cod. proc. civ., contro la sentenza di condanna all'arretramento del fabbricato realizzato a distanza irregolare che sia stata pronunciata nei confronti del solo proprietario del bene, poiché non è titolare di un diritto autonomo la cui tutela sia incompatibile con la situazione giuridica risultante dalla decisione resa tra altre parti.

Cass. civ. n. 466/2014

In tema di impugnazioni, il termine per proporre opposizione di terzo stabilito dall'art. 325, primo comma, cod. proc. civ. si riferisce esclusivamente all'opposizione di terzo revocatoria prevista dall'art. 404, secondo comma, cod. proc. civ., e non concerne l'opposizione di terzo ordinaria, il cui esercizio non trova altro limite che l'estinzione del diritto del terzo pregiudicato dalla sentenza pronunciata tra altre persone.

Cass. civ. n. 13372/2012

Il creditore di persona nei cui confronti sia stata giudizialmente dichiarata l'usucapione, ove alleghi che la decisione sia di frutto di dolo o collusione a suo danno, non può contestarne gli effetti se non proponga l'opposizione di terzo c.d. revocatoria, di cui all'art. 404, comma secondo, c.c., nel termine di trenta giorni dalla scoperta del dolo.

Cass. civ. n. 10878/2012

E ammissibile la proposizione di una opposizione di terzo nel corso dell'esecuzione che si svolga con le forme del pignoramento presso terzi, ed è parimenti ammissibile la proposizione della detta opposizione in epoca successiva alla emanazione di un'ordinanza di assegnazione da parte del giudice dell'esecuzione.

Cass. civ. n. 5656/2012

Deve essere dichiarata inammissibile l'opposizione di terzo, qualora sia tesa a rimuovere la decisione per un vizio processuale (nella specie, violazione del litisconsorzio necessario), senza dedurre al contempo una situazione incompatibile in concreto con quella accertata nella sentenza denunciata e contenere, altresì, richiesta al giudice di riesame della questione di merito, dal momento che l'interesse ad agire, anche in tale tipologia d'impugnazione, va apprezzato in relazione alla utilità concreta derivabile alla parte dall'eventuale accoglimento dell'impugnazione, mentre non può consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di questione giuridica, non avente riflessi pratici sulla decisione adottata.

Cass. civ. n. 17/2011

In tema di opposizione di terzo, nel caso in cui un litisconsorte necessario sia stato pretermesso nel giudizio di appello, il giudice d'appello adito in sede di opposizione ex art. 404 c.p.c., constatata l'inefficacia della sentenza opposta nei confronti del terzo, non può esimersi dall'esame del merito dell'impugnazione, non ricorrendo nel detto caso nessuna delle ipotesi tassative, non suscettibili di applicazione estensiva, per la rimessione delle parti al primo giudice, di cui agli artt. 353 e 354 c.p.c..

Cass. civ. n. 15350/2010

L'opposizione di terzo revocatoria, configurandosi come impugnazione straordinaria, la quale presuppone il passaggio in giudicato di un provvedimento giudiziario, è proponibile avverso il decreto ingiuntivo quando lo stesso, come previsto dall'art. 656 c.p.c., sia divenuto esecutivo, ai sensi dell'art. 647 c.p.c., per difetto di tempestiva opposizione o per mancata costituzione dell'opponente.

Cass. civ. n. 24721/2009

In tema di impugnazioni, il termine per proporre opposizione di terzo stabilito dall'art. 325, primo comma, c.p.c., si riferisce esclusivamente all'opposizione di terzo revocatoria prevista dall'art. 404, secondo comma, c.p.c., e non concerne l'opposizione di terzo ordinaria, il cui esercizio non trova altro limite che l'estinzione del diritto del terzo pregiudicato dalla sentenza pronunciata tra altre persone. (Principio di diritto enunciato nell'interesse della legge, ai sensi dell'art. 363, terzo comma, c.p.c.).

Cass. civ. n. 18784/2009

A norma dell'art. 404, secondo comma, c.p.c., i creditori e gli aventi causa di una delle parti del processo, i quali subiscano pregiudizio per effetto di una sentenza emessa a carico del loro debitore, possono proporre opposizione di terzo revocatoria a condizione che la sentenza sia frutto di dolo o collusione a loro danno; pertanto, poiché essi sono soggetti all'efficacia di detta pronuncia finché non venga rimossa, è solo dopo l'accoglimento di tale opposizione che il giudice può esaminare l'eventuale revocabilità, ai sensi dell'art. 2901 c.c., dell'atto di disposizione compiuto dal debitore oggetto della sentenza pregiudizievole. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che - in presenza di una sentenza, passata in giudicato, che aveva stabilito la validità della vendita di un immobile poi assoggettato a pignoramento - aveva dichiarato inefficace tale vendita, ritenendo assorbita l'opposizione di terzo proposta contro la sentenza).

Cass. civ. n. 6179/2009

La legittimazione ad impugnare la sentenza con l'opposizione di terzo ordinaria (art. 404, comma primo, cod. proc. civ.) presuppone in capo all'opponente la titolarità di un diritto autonomo la cui tutela sia incompatibile con la situazione giuridica risultante dalla sentenza pronunciata tra altre parti. (Nella specie, la S.C., correggendo la motivazione della sentenza impugnata, ha confermato il rigetto dell'opposizione proposta avverso una sentenza di secondo grado, passata in giudicato, con la quale era stata ridotta la misura del risarcimento dei danni per occupazione acquisitiva liquidati in favore di una società poi sciolta anticipatamente senza liquidazione, affermando che i ricorrenti, in quanto già soci di detta società, non potevano qualificarsi terzi rispetto alla situazione giuridica affermata e, quindi, come tali, non erano legittimati all'opposizione ordinaria di terzo).

Cass. civ. n. 21813/2006

L'azione revocatoria, di cui all'art. 2901 c.c., non è esperibile, da parte dei creditori del promittente venditore, contro le sentenze emesse, ai sensi dell'art. 2932 c.c., nei confronti del debitore e ricollegabili ad un preliminare stipulato preordinatamente o scientemente in loro danno: ciò in quanto detti creditori sono soggetti essi medesimi all'efficacia della sentenza, se non rimossa, in mancanza di intervento adesivo dipendente nel relativo giudizio, mediante esperimento dell'opposizione di terzo revocatoria ex art. 404, secondo comma, c.p.c.

Cass. civ. n. 12144/2006

In tema di opposizione di terzo revocatoria (art. 404 c.p.c.), l'eccezionalità del mezzo di impugnazione, lo stretto termine per proporlo, le finalità ad esso riconducibili, individuando una netta diversità del rimedio rispetto all'azione revocatoria ordinaria (art. 2901 c.c.), inducono a ritenere che la nozione di «creditori di una delle parti», richiamata dall'art. 404, secondo comma, c.p.c., vada interpretata in senso più restrittivo dell'analoga nozione richiamata ai fini della legittimazione all'azione revocatoria ordinaria (per la quale rileva anche la titolarità di un credito eventuale), nel senso che per creditore, ai fini dell'impugnazione in questione, deve intendersi chi rivesta tale qualità – pur se sottoposta a termine o a condizione – al momento della proposizione di essa; analogamente, per «aventi causa», ai sensi della medesima disposizione, devono intendersi i successori a titolo particolare di una delle parti.

Cass. civ. n. 5252/2004

Nel caso di domanda inerente a rapporto obbligatorio, qualora la titolarità, in capo all'attore, del credito azionato sia controversa esclusivamente a seguito dell'eccezione del convenuto che abbia indicato il soggetto che a suo avviso sarebbe titolare, non si determina nei confronti di quest'ultimo un ipotesi di litisconsorzio necessario, atteso che in assenza di una domanda principale o riconvenzionale, che reclami un accertamento vincolante anche nei suoi confronti, il thema decidendum viene circoscritto al riscontro della fondatezza della pretesa creditoria fra l'istante e il convenuto, senza alcun effetto vincolante per il terzo. Questi, peraltro, conserva la piena ed autonoma azionabilità del proprio diritto e, ove intenda avvalersi dei riflessi positivi, od evitare i riflessi negativi che la definizione del distinto rapporto potrebbe comportargli in via mediata, è abilitato ad utilizzare gli strumenti all'uopo apprestati dagli artt. 105, 344 e 404 c.p.c.

Cass. civ. n. 11352/2003

L'opposizione di terzo, di norma non esperibile avverso le sentenze della Corte di cassazione in quanto richiede, nella fase rescindente ed in quella rescissoria, lo svolgimento di accertamenti di fatto incompatibili con il giudizio di legittimità, è invece in astratto proponibile allorché la Corte abbia deciso la causa nel merito per non essere necessari ulteriori accertamenti di fatto (nel caso di specie, di proposizione del detto mezzo di impugnazione nei confronti di una sentenza della S.C. che aveva cassato la decisione gravata decidendo nel merito ai sensi dell'art. 384, primo comma, c.p.c., affermato il principio generale in massima, la Corte ha tuttavia ritenuto inammissibile l'opposizione, perché proposta da soggetto che era parte nel processo, ritenuto con efficacia di giudicato dalla sentenza opposta).

Cass. civ. n. 11185/2003

Il litisconsorte necessario pretermesso è legittimato a proporre opposizione di terzo, ai sensi dell'art. 404 c.p.c., contro la sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva che pregiudica i suoi diritti.

Cass. civ. n. 9500/2003

L'interventore estromesso dal processo con pronuncia divenuta definitiva assume la posizione di terzo rispetto alla sentenza pronunciata nei confronti delle parti rimaste in causa ed è pertanto legittimato, ricorrendone gli altri presupposti, a proporre l'opposizione ex art. 404 c.p.c.

L'opposizione di terzo revocatoria, a norma dell'art. 404, secondo comma, c.p.c., presuppone che la sentenza sia l'effetto di comportamenti dolosi o collusivi delle parti in danno del terzo, avente causa o creditore di una delle parti; detto rimedio, pertanto, non è esperibile ove tali comportamenti siano stati posti in essere da una parte in danno dell'altra per la definizione, in suo favore, della lite.

Il rimedio di cui all'art. 404, primo comma, c.p.c. consente di superare, in via eccezionale, le preclusioni del giudicato al solo fine di rimuovere il pregiudizio ad un diritto autonomo del terzo, che questi non sia stato messo in grado di far valere nei confronti delle (o di una delle) parti in lite, ma che egli avrebbe potuto a quel momento – ossia nel medesimo contesto, fattuale e normativo, preso in considerazione e cristallizzato dalla sentenza opponendo – viceversa far valere, ove avesse preso parte al giudizio. Ne deriva che l'opposizione di terzo, mentre si giustifica in funzione di tutela di situazioni coeve e confliggenti con quelle di una o di entrambe le parti, non può essere utilizzata per consentire la formazione di situazione soggettive future nei confronti delle parti, che postulino, a tal fine, la rimozione dell'assetto dei rapporti, tra le parti medesime, consolidato nel giudicato. (Nella specie il terzo – conduttore dell'immobile oggetto della domanda di cessione in proprietà accolta con la sentenza passata in giudicato pronunciata inter alios – aveva promosso l'opposizione ex art. 404 c.p.c. facendo valere un proprio diritto al riscatto del medesimo immobile, riconosciuto da una legge successiva alla formazione del detto giudicato).

Cass. civ. n. 11092/2002

È ammissibile, sotto il profilo dell'interesse ad agire, l'azione ordinaria promossa in separato giudizio dal terzo il quale, non minacciato (indirettamente) dalla esecuzione della sentenza emessa inter alios, intenda ottenere un accertamento dal quale risulti la non conformità a diritto di tale pronuncia, ossia un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del giudice; detta azione è invece inammissibile se proposta al fine di rimuovere la sentenza, atteso che, per un verso, per conseguire quest'ultimo obiettivo l'ordinamento appresta, a favore del terzo rimasto estraneo al giudizio nel quale tale pronuncia è stata resa, il rimedio dell'opposizione di terzo (art. 404, primo comma, c.p.c.) e, per l'altro e in generale, la rimozione di un giudicato non è possibile al di fuori dei rimedi impugnatori espressamente previsti (art. 395, n. 5, c.p.c.). (Nell'enunciare il principio di cui in massima, le Sezioni Unite hanno confermato la statuizione di ammissibilità dell'azione ordinaria, cui era pervenuto il giudice di merito, in un caso nel quale il terzo, coerede, aveva promosso domanda di retratto successorio ex art. 732 c.c. con riguardo alla quota di bene ereditario alienata ad un estraneo ma in relazione alla quale il conduttore ad uso diverso dall'abitazione, in quanto prelazionario, aveva vittoriosamente esercitato in giudizio l'azione di riscatto ai sensi dell'art. 39 della L. 27 luglio 1978, n. 392).

Cass. civ. n. 13255/2000

L'opposizione di terzo revocatoria, quand'anche sia proposta avverso una sentenza in materia di lavoro, avendo ad oggetto non il riesame della fondatezza della medesima ma l'accertamento se questa sia stata frutto di dolo o concussione in danno dell'opponente, non rientra tra i procedimenti per i quali l'articolo 3 della legge n. 742 del 1969 dispone l'inapplicabilità della sospensione feriale dei termini.

Cass. civ. n. 5126/2000

Il terzo i cui diritti siano stati pregiudicati dalla sentenza resa inter alios è legittimato bensì ad impugnare la decisione con il rimedio straordinario di cui all'art. 404 primo comma c.p.c., ma limitatamente agli aspetti della pronuncia da cui tale pregiudizio deriva e non anche per gli aspetti che recano pregiudizio ad altre parti che per il principio di disponibilità sono le uniche abilitate a potersene dolere.

Cass. civ. n. 1807/2000

La legittimazione alla opposizione di terzo, in capo al soggetto il cui appello sia stato dichiarato inammissibile per mancanza della qualità di parte, non può essere messa in discussione sotto il profilo della mancanza della qualità di terzo.

Cass. civ. n. 238/1999

Le sentenze della Corte di cassazione non sono suscettibili di impugnazione a mezzo di opposizione di terzo.

Cass. civ. n. 9868/1997

Legittimati a proporre l'opposizione di terzo ordinaria a norma dell'art. 404, comma primo c.p.c. sono unicamente i titolari di un diritto autonomo, incompatibile con quello riconosciuto nella sentenza opposta. Non rientrano nel novero di tali legittimati né gli aventi causa, di cui è menzione nell'art. 2909 c.c., cioè coloro che subentrano alle parti, nelle situazioni giuridiche attive o passive sulle quali ha inciso la sentenza opposta, post rem iudicatam, ossia dopo la formazione del giudicato, né i soggetti succeduti, durante il processo, a titolo particolare nel diritto controverso ai sensi dell'art. 111 c.p.c., i quali, identificandosi con l'effettivo titolare del diritto in contestazione, non assumono una posizione distinta e autonoma, bensì la stessa posizione del loro dante causa. (Nel caso di specie la Corte ha ritenuto legittimata a proporre opposizione di terzo ordinaria a norma dell'art. 404, primo comma c.p.c., avverso la sentenza di sfratto per morosità nei confronti del conduttore che abbia cessato la convivenza, la già convivente more uxorio, con prole naturale, succeduta nel contratto di locazione, per effetto della sentenza 7 aprile 1988, n. 404 della Corte costituzionale, prima dell'inizio del giudizio).

Cass. civ. n. 7110/1997

Un terzo, per tutelare un suo diritto autonomo, incompatibile con una decisione giudiziale resa inter alios, deve necessariamente — e non alternativamente, ovvero facoltativamente, rispetto all'azione di mero accertamento — esperire il rimedio previsto dall'art. 404 c.p.c., perché da un lato, se sussistono i presupposti per l'esperimento di tale impugnazione straordinaria — come nel caso del cessionario di un contratto di locazione che agisca avverso il provvedimento di rilascio dell'immobile, ottenuto dal locatore, benché reso edotto di tale cessione (art. 36, L. 27 luglio 1978, n. 392), soltanto nei confronti dell'originario conduttore — va negata la sussistenza dell'interesse ad agire in via ordinaria, da parte del medesimo terzo, con un'azione di mero accertamento; dall'altro, se si ammettono entrambi i rimedi, si rende possibile il contrasto di giudicati, se nel giudizio di accertamento, per evitare la duplicazione con quello ex art. 404 c.p.c., si esclude il litisconsorzio necessario passivo con le parti del precedente processo.

Cass. civ. n. 930/1997

Nel giudizio di opposizione ai sensi dell'art. 404 c.p.c. il terzo può far valere l'anteriorità della sua trascrizione ovvero i vizi formali della trascrizione avversaria, ma non può discutere sulla validità del titolo su cui si è pronunciata la sentenza impugnata.

Cass. civ. n. 2722/1995

Il rimedio dell'opposizione ordinaria di terzo che l'art. 404 primo comma c.p.c. accorda contro la sentenza resa fra altre persone, è attribuito a chi, estraneo al giudizio concluso in via definitiva dalla sentenza opposta, dall'accertamento in essa contenuto o dall'esecuzione della stessa risente o può risentire pregiudizio ad un suo autonomo diritto o ad una sua autonoma posizione giuridica o di mero fatto. (Nella specie, ribadito tale principio, la S.C. ha ritenuto che esattamente i giudici di merito avessero qualificato come opposizione ordinaria di terzo quella proposta dal proprietario coltivatore diretto di un fondo, al fine di far valere il proprio diritto di riscatto sul fondo confinante ai sensi dell'art. 8 della L. 590 del 1965 e dell'art. 7 della L. 817 del 1971, pregiudicato dalla sentenza definitiva che, relativamente allo stesso fondo, aveva accolto l'analoga domanda di un terzo contro i medesimi acquirenti).

Cass. civ. n. 2323/1994

Gli aventi causa che, ai sensi del secondo comma dell'art. 404 c.p.c., possono proporre opposizione di terzo alla sentenza pronunciata tra altre parti, quando questa è l'effetto di dolo o collusione a loro danno, sono solo i successori a titolo particolare di una delle parti, e non gli eredi.

Cass. civ. n. 1775/1994

Gli aventi causa di una delle parti sono legittimati anche all'opposizione di terzo ordinaria ex art. 404 primo comma c.p.c. e, quindi, all'intervento in grado di appello ex art. 344 c.p.c., purché facciano valere un diritto autonomo incompatibile con quelli delle parti in causa, suscettibile di essere direttamente ed immediatamente pregiudicato dalla sentenza. (Nella specie, la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito la quale nella lite tra compratore e venditore avente ad oggetto il saldo-prezzo della compravendita, aveva negato la legittimazione ad intervenire in appello del terzo promissario acquirente della res compravenduta).

Cass. civ. n. 11908/1990

Il successore a titolo particolare nel diritto controverso, che può intervenire nel processo a norma dell'art. 111, terzo comma, c.p.c., non può essere considerato terzo, ma è l'effettivo titolare del diritto in contestazione e perciò può assumere la stessa posizione del suo dante causa, venendo a profittare di tutte le facoltà della parte e così come la sentenza spiega effetto nei suoi confronti, egli è anche legittimato ad impugnarla rimanendo, di conseguenza, esclusa la esperibilità da parte sua dell'opposizione ordinaria di terzo ex art. 404, primo comma, c.p.c.

Cass. civ. n. 2344/1990

La cosiddetta efficacia riflessa del giudicato, come affermazione obiettiva di verità valevole anche nei confronti di terzi rimasti estranei al processo, resta esclusa ogni volta che il terzo sia titolare (non già di un diritto dipendente da una situazione accertata in quel processo sibbene) di un proprio ed autonomo diritto, come nel caso in cui distinte norme di legge forniscano regolamentazioni di rapporti indipendenti, pur se esse siano ispirate ad analoghe ragioni di politica legislativa. (Nella specie, in applicazione di tale principio, è stato escluso che la «novità dell'iniziativa produttiva» ritenuta, ai fini degli sgravi contributivi ex lege n. 589 del 1971, in un giudizio tra una data impresa e l'Inps potesse far stato anche nei confronti dell'amministrazione finanziaria, nel diverso giudizio vertente tra quest'ultima e la medesima impresa, agli effetti del riconoscimento dei benefici fiscali sub art. 14 legge 1961, n. 717).

Cass. civ. n. 2747/1988

Gli aventi causa di una delle parti possono fare opposizione alla sentenza pronunciata nei confronti del loro dante causa non solo quando essa è l'effetto di dolo o collusione a loro danno a termini del secondo comma dell'art. 404 c.p.c. (cosiddetta opposizione di terzo revocatoria), ma anche con l'opposizione ordinaria prevista nel primo comma dello stesso articolo quando facciano valere un proprio diritto non derivante dalla situazione o dal rapporto su cui abbia pronunciato la sentenza emessa nei confronti del dante causa. Ne consegue che il proprietario (già affittuario) del fondo, può proporre opposizione ordinaria avverso la sentenza che, con l'intervento del suo dante causa, si sia limitata a dichiarare la cessazione della proroga legale dell'affitto del fondo stesso (e ad ordinare il rilascio) fra parti estranee, poiché l'affitto oggetto della sentenza non è collegato neppure indirettamente con l'autonoma posizione giuridica fatta valere con l'opposizione.

Cass. civ. n. 2145/1988

L'opposizione di terzo presuppone la sussistenza in capo all'opponente di un diritto autonomo, la cui tutela sia però incompatibile con la situazione giuridica risultante dalla sentenza che abbia efficacia di giudicato tra le parti, sì che la situazione accertata o costituita dalla sentenza importi per l'appunto un pregiudizio che giustifichi il rimedio processuale rivolto ad evitare che gli effetti negativi del giudicato si percuotano nella sua sfera giuridica. (Nella specie, ribadito il citato principio, la S.C. ha ritenuto che i giudici del merito avessero esattamente qualificato come opposizione di terzo ex art. 404, primo comma, c.p.c., quella proposta avverso l'esecuzione, seguita a sentenza di sfratto pronunciata fra altri soggetti, da chi assumeva di avere un autonomo titolo locativo a detenere uno degli immobili esecutati).

Cass. civ. n. 2918/1985

Qualora l'opposizione di terzo, a norma dell'art. 404 c.p.c., venga proposta da chi deduca la qualità di litisconsorte necessario pretermesso nel procedimento conclusosi con la sentenza opposta, l'accertamento del fondamento di detta deduzione implica di per sé l'ammissibilità e l'accoglimento dell'opposizione medesima, senza che si richieda una denuncia da parte dell'opponente dell'ingiustizia nel merito di quella pronuncia, dato che il riscontro del difetto di integrità del contraddittorio impone la declaratoria di nullità della pronuncia stessa (nella specie, con rimessione delle parti davanti al giudice di primo grado, essendo già in tale sede verificata l'omessa citazione del litisconsorzio necessario).

Cass. civ. n. 7458/1983

L'opposizione ordinaria di terzo – pur con le peculiarità che la caratterizzano, specie in considerazione del fatto che introduce quale contraddittore nel processo un soggetto ad esso rimasto estraneo – rimane un mezzo d'impugnazione, che per la parte in cui non provvedono le specifiche (e scarne) disposizioni degli artt. 404 e ss. c.p.c., soggiace ai principi generali del processo civile sulla corrispondenza tra domanda e pronuncia del giudice e sulla specificità dei motivi di gravame, con la conseguente impossibilità di rilevare d'ufficio eventuali nullità della sentenza impugnata, non eccepite dall'opponente.

Cass. civ. n. 2021/1979

Ai fini della legittimazione all'opposizione di terzo revocatoria, di cui all'art. 404 comma secondo c.p.c., è necessario che l'istante abbia la qualità di creditore o di avente causa di una delle parti del processo nel quale è stata pronunziata la sentenza impugnata e non anche che abbia acquistato tale qualità prima dell'inizio del giudizio medesimo, in virtù di una scrittura di data certa anteriore.

Cass. civ. n. 35/1971

L'erede, nella sua qualità di successore nella stessa situazione giuridica del defunto, non è titolare di un diritto autonomo, ma di un diritto derivativo ad impugnare per revocazione o con l'opposizione di terzo, una sentenza effetto di dolo o collusione ai danni del suo autore, con la conseguenza che se a costui sia rimasto precluso, per scadenza del termine o per altro motivo, l'esercizio della suddetta azione (come anche, di ogni altra azione trasmissibile con l'eredità) la medesima preclusione vale anche per il successore.

Cass. civ. n. 4403/1957

Ai fini della legittimazione alla opposizione revocatoria di terzo la nozione di «aventi causa» di cui al capoverso dell'art. 404 c.p.c., presuppone la successione nel debito e quindi la sostituzione di uno ad altro soggetto nel rapporto del quale si tratti. Questo effetto deve sicuramente escludersi tanto nel caso di accollo semplice, nel quale la mancata adesione del creditore fa sì che il negozio esaurisca i suoi effetti fra accollante e accollato e il debitore accollante continua ad essere il solo obbligato verso il suo creditore quanto nel caso di accollo cosiddetto cumulativo, nel quale il creditore, pur aderendo alla convenzione, non dichiari però di liberare il debitore originario e l'obbligazione del terzo accollato verso il creditore accollatario si giustappone come obbligazione solidale a quella dell'originario debitore, la quale continua a sussistere a fianco dell'altra che le si aggiunge.

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Consulenze legali
relative all'articolo 404 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

EGIDIO C. chiede
martedì 06/09/2016 - Campania
“La FABI (Federazione Autonoma Bancari Italiani) di Salerno sottopone alla Vostra attenzione e valutazione il seguente quesito.
La Sig.ra Tizia, alla data del 31/10/1979, veniva designata a una carica sindacale provinciale.
L’INPS accertava il diritto al riconoscimento dei contributi figurativi per il periodo di aspettativa lavorativa che andava dal 01/11/1979 al 31/12/1985, a seguito di nomina della Sig.ra Tizia a Responsabile organizzativo delle pubbliche relazioni, avvenuta con verbale del Consiglio Direttivo Provinciale del 15/06/1979.
L’INPS si limitava ad accreditare solo per 4 mesi i contributi figurativi per un mero errore del consulente del lavoro, il quale, sul libro matricola, anziché scrivere “sospesa dal servizio per aspettativa sindacale”, scrisse “licenziata”.
Il consulente del lavoro, dopo 2 giorni, si correggeva, appena si rendeva conto che un rappresentante sindacale provinciale non era licenziabile, in virtù dell’art. 31 della Legge 300/70 e s. m. e i..
Come noto, in giurisprudenza è fin troppo pacifico che la carica sindacale faccia sorgere automaticamente il diritto al riconoscimento, ove richiesto, della contribuzione virtuale e figurativa.
La circolare dell’INPS n. 157/1996 fa espresso riferimento al Personale che non ha regolare trattamento economico, attraverso specifiche normative interne e contrattuali, per cui , nel caso di specie, la retribuzione figurativa viene accreditata in base alla retribuzione contrattuale degli impiegati di Imprese del settore commercio o metalmeccanico.
Così come, un sindacalista chiamato a svolgere una carica sindacale può continuare a prestare un’attività lavorativa internamente all’Organizzazione, ove mai fosse necessaria, senza alcuna contropartita salariale (cfr. Sentenza Cassazione n. 3705 del 21/02/2006 in rivista.it diritto del lavoro 2007 - pubblicazione n. 12).
La Sig.ra Tizia veniva a conoscenza, dall’esame dell’estratto conto contributivo dell’INPS, che il periodo in cui aveva ricoperto la carica sindacale metteva in evidenza un deficit contributivo relativamente alla sua aspettativa sindacale, al netto solo di 4 mesi di contributi.
Da qui, la nascita del contenzioso giudiziario tra la Sig.ra Tizia e l’INPS e il Giudice del Lavoro adito, sia nel 1° che nel 2° grado, non ha mai chiesto l’audizione del datore di lavoro che, nella fattispecie, è la FABI di Salerno, ma si è solo limitato a precisare, nel 2° grado, che se il rapporto di lavoro impiegatizio si è risolto in data 31/10/1979 a seguito di licenziamento firmato dalla FABI, tale circostanza, che emerge con evidenza dal libro matricola prodotto in causa, potrebbe dare ammissibilità e legittimità all’operato dell’INPS, che ha accreditato i contributi figurativi solo per 4 mesi e non per l’intero quinquennio.
L’Ufficio Legale della FABI di Salerno, venuto a conoscenza tramite la Sig.ra Tizia, delle sentenze di 1° e 2° grado, ha immediatamente comunicato all’INPS che, ai propri atti, non risultava alcun licenziamento e che forse non si trattava della stessa persona, in quanto l’Ufficio di Collocamento, invitato a fornire la posizione della Sig.ra Tizia, aveva dichiarato che il rapporto di lavoro era part time e che la Sig.ra Tizia non risultava mai licenziata e che si era, invece, dichiarata disponibile a svolgere altri lavori a completamento del part time, relativamente al suo tempo libero.
L’INPS, invitato a un riesame della posizione della Sig.ra Tizia, ha risposto che, solo in presenza di una nuova domanda da parte della FABI di Salerno, in forza dell’art. 404 del cpc, basata sul riesame di tutta la documentazione cartacea in possesso della stessa FABI e sulla base di un’ordinanza del Magistrato, si sarebbe potuto, in sede di causa, riesaminare tutta la documentazione amministrativo-contabile i ordine ai contributi versati dalla FABI prima, durante e dopo il periodo di aspettativa sindacale.
Tanto premesso, la FABI di Salerno, da me legalmente rappresentata, vuole tutelarsi, in quanto soggetto terzo, da eventuali richieste di risarcimento dei danni da parte della Sig.ra Tizia e, domani, dei suoi eredi, non avendo potuto fruire del trattamento pensionistico a lei spettante, in quanto la domanda di pensione le era stata rigettata proprio per il deficit contributivo.
Il quesito pro veritate è il seguente: la FABI può attivare l’art. 404 cpc per fare in modo che l’INPS venga citato a prendere contezza della posizione contributiva complessiva della Sig.ra Tizia, sulla base di tutta la documentazione in possesso della stessa FABI?”
Consulenza legale i 11/09/2016
Ai sensi dell’art. 404 c.p.c., “Un terzo può fare opposizione contro la sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva pronunciata tra altre persone quando pregiudica i suoi diritti.
Gli aventi causa e i creditori di una delle parti possono fare opposizione alla sentenza, quando è l'effetto di dolo o collusione a loro danno”.
Nel caso di specie, pertanto, la FABI, in quanto datore di lavoro, non può esperire il rimedio dell’opposizione di terzo, posto che la sentenza non pregiudica in nessun modo i suoi diritti: manca, pertanto, l’elemento oggettivo richiesto dalla legge per tale procedura di impugnazione straordinaria della sentenza.
Chi ha in effetti errato nel comportamento processuale sono state le parti in causa. Ed infatti, non si vede perché la signora Tizia non abbia effettuato la chiamata di terzo - ai sensi dell'art. 269 c.p.c. - nel corso del primo grado per dimostrare la veridicità delle sue affermazioni: il datore di lavoro, infatti, ben avrebbe confermato l’erroneità del licenziamento (mai nemmeno intimato, e pertanto atto del tutto inesistente a livello giuridico), fornendo la prova documentale delle sue asserzioni. In tal modo, già la sentenza di primo grado avrebbe concluso nel senso di un ricalcolo dei contributi in favore della signora Tizia per mero errore materiale.

D’altro canto, anche l’INPS ben avrebbe potuto chiamare il datore di lavoro in causa, a dimostrazione delle sue tesi (che poi si sarebbe – naturalmente – risolto nel senso prospettato sopra).

Il provvedimento di collocamento in aspettativa non retribuita (quale è l’aspettativa sindacale), infatti, deve essere assunto con atto scritto. Tale forma è richiesta proprio ai fini probatori (trattasi pertanto di forma scritta richiesta ad probationem e non ad substantiam). Inoltre, la domanda di accredito dei contributi figurativi deve essere presentata ogni anno a carico del lavoratore nei confronti dell’INPS.

La documentazione da allegare alla domanda è costituita da:
  • provvedimento di collocamento in aspettativa e documentazione del rapporto di lavoro da cui, fra l’altro, si evinca l’effettiva durata dell’aspettativa, le sue cause, la categoria e la qualifica professionale posseduta dal lavoratore al momento del collocamento in aspettativa e le variazioni intervenute successivamente; la formale attribuzione della carica sindacale da parte dell’organo sindacale e la documentazione da cui risulti la durata di effettivo svolgimento della stessa, l’eventuale trattamento previdenziale connesso con la medesima carica;
  • prospetto indicante l’ammontare della retribuzione, gli sviluppi economici e di carriera riscontrati dai relativi contratti collettivi di lavoro, dei quali dovrà essere prodotta copia; in luogo dei contratti collettivi potrà essere presentata circostanziata dichiarazione dei competenti uffici del lavoro dalla quale risultino anche gli estremi dei suddetti contratti e della loro pubblicazione.
Le retribuzioni figurative accreditabili (ai sensi dell’art. 8 della legge n. 155/1981) sono quelle previste dai contratti collettivi di lavoro della categoria e non comprendono emolumenti collegati alla effettiva prestazione dell’attività di lavoro né incrementi o avanzamenti che non siano legati alla sola maturazione dell’anzianità di servizio (fonte: www.inps.it).
A nostro parere, la FABI non avrebbe nulla da censurare nel proprio comportamento.

Ciò che si potrebbe tentare di fare è un procedimento di autotutela nei confronti dell’INPS: in altre parole, presentando tutta la documentazione a vostre mani inerenti la signora Tizia, cercare di indurre l’INPS a rivedere la propria posizione. È pur vero che tale procedura è già stata esperita, ma, prima di adire il Giudice Amministrativo (sempre al fine di costringere l'INPS a rivedere la propria posizione), si potrebbe tentare per altra via. In particolare, si consiglia di tentare questa strada con l'ausilio di un patronato, posto che le procedure con il patronato sono più snelle e danno risultati più veloci (ed apprezzabili in termini di risposta) rispetto a quelle effettuate personalmente.