Cassazione civile Sez. I sentenza n. 17564 del 2 agosto 2006

(1 massima)

(massima n. 1)

Il lavoratore — cui l'art. 2103 c.c. (nel testo sostituito dall'art. 13 della legge 20 maggio 1970, n. 300), con norma applicabile anche ai dirigenti, riconosce esplicitamente il diritto a svolgere le mansioni per le quali è stato assunto ovvero equivalenti alle ultime effettivamente svolte — ha "a fortiori" il diritto a non essere lasciato in condizioni di forzata inattività e senza assegnazione di compiti, ancorché senza conseguenze sulla retribuzione e, dunque, non solo il dovere, ma anche il diritto all'esecuzione della propria prestazione lavorativa — cui il datore di lavoro ha il correlato obbligo di adibirlo — costituendo il lavoro non solo un mezzo di guadagno, ma anche un mezzo di estrinsecazione della personalità di ciascun cittadino. La violazione di tale diritto del lavoratore all'esecuzione della propria prestazione è fonte di responsabilità risarcitoria per il datore di lavoro; responsabilità che, peraltro, derivando dall'inadempimento di un'obbligazione, resta pienamente soggetta alle regole generali in materia di responsabilità contrattuale: sicché, se essa prescinde da uno specifico intento di declassare o svilire il lavoratore a mezzo della privazione dei suoi compiti, la responsabilità stessa deve essere nondimeno esclusa — oltre che nei casi in cui possa ravvisarsi una causa giustificativa del comportamento del lavoratore di lavoro connessa all'esercizio di poteri imprenditoriali, garantiti dall'art. 41 Cost., ovvero di poteri disciplinari — anche quando l'inadempimento della prestazione derivi comunque da causa non imputabile all'obbligato, fermo restando che, ai sensi dell'art. 1218 c.c., l'onere della prova della sussistenza delle ipotesi ora indicate grava sul datore di lavoro, in quanto avente, per questo verso, la veste di debitore. (Sulla base dell'enunciato principio, la S.C. ha ritenuto immune da censura la decisione del giudice del merito, che aveva escluso la responsabilità risarcitoria sul rilievo che il demansionamento e la privazione delle funzioni patiti nella specie dal dirigente aziendale erano dipesi da fattori oggettivi estranei alla volontà del datore di lavoro e legati alla generale contrazione delle attività imprenditoriali).

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