Cassazione civile Sez. III sentenza n. 8605 del 6 maggio 2004

(1 massima)

(massima n. 1)

L'istituto della «confideiussione» di cui all'art. 1946 c.c.; è caratterizzato, nei suoi presupposti, da un collegamento necessario tra le obbligazioni assunte dai singoli fideiussori, mossi consapevolmente anche se non contestualmente da un comune interesse, di garantire lo stesso debito e lo stesso debitore, salva la divisione dell'obbligazione nei rapporti interni in virtù del diritto di regresso, che, a norma dell'art. 1943 c.c., spetta a colui che ha pagato l'intero. Nel caso di pluralità di autonome obbligazioni fideiussorie ad unum debitum assunte distintamente o per espresso patto; o per ignoranza ciascuno dell'altrui obbligazione o, in ogni caso, in assenza di un collegamento dovuto ad un interesse comune dei cogaranti, mancando una confideiussione non è applicabile l'art. 1943 c.c., ma il fideiussore solvente resta surrogato (art. 1203 c.c.) nei diritti che il creditore aveva contro gli altri fideiussori che avevano dato separata ed autonoma garanzia, sicché, il fideiussore solvens subentra nel rapporto obbligatorio della stessa situazione attiva che faceva capo al creditore e con le stesse garanzie, potendo agire nei confronti anche di uno solo degli altri fideiussori per la ripetizione di quanto egli abbia pagato ad estinzione del debito altrui e, quindi, nella misura risultante dalla detrazione, da quanto da lui pagato, della sola propria quota (perché, nei limiti di questa, egli ha pagato un debito a lui pertinente), anziché soltanto pro quota, come nel caso del regresso.

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