Cassazione civile Sez. II sentenza n. 4925 del 8 marzo 2006

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di danni, il risarcimento per equivalente costituisce un minus rispetto al risarcimento in forma specifica. Pertanto, qualora il danneggiato abbia domandato solo il risarcimento in quest'ultima forma, ai sensi del secondo comma dell'articolo 2058 c.c., per il quale può disporsi il risarcimento per equivalente se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore, — disposizione che è applicabile anche in caso di responsabilità contrattuale —, il giudice può condannare d'ufficio al risarcimento per equivalente senza incorrere nella violazione dell'articolo 112 c.p.c.

(massima n. 2)

La disciplina che, con riguardo all'appalto, l'articolo 1667 c.c. detta in tema di garanzia per i vizi, e secondo cui, in particolare, la denuncia per i vizi non è necessaria se l'appaltatore ha riconosciuto i vizi o li ha occultati, è applicabile anche al contratto d'opera. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto fondata la domanda riconvenzionale di danni del committente di lavori di falegnameria citato in giudizio per il corrispettivo, a causa dei vizi dell'opera; la predetta sentenza era stata censurata per avere ritenuto superata la questione di decadenza del committente dalla garanzia per i vizi a seguito del riconoscimento degli stessi da parte del prestatore d'opera, sostenendo, tra l'altro, che l'articolo 1667 c.c. non è applicabile al contratto d'opera).

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