Cassazione civile Sez. V sentenza n. 14137 del 7 giugno 2017

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di determinazione del reddito di impresa, la sanzione pecuniaria di cui all'art. 15 della l. n. 287 del 1990, in materia di tutela della concorrenza e del mercato, non va considerata sopravvenienza passiva in quanto, da un lato, non č possibile ricollegarla a ricavi ed altri proventi e, dall'altro, non potendo la condotta anticoncorrenziale integrare un fattore produttivo, - essendo non soltanto autonoma ed esterna alla normale vita dell'impresa, ma radicalmente antitetica al suo corretto andamento - l'imputazione della stessa a reddito d'impresa, a titolo appunto di sopravvenienza passiva, neutralizzerebbe la “ratio” punitiva della misura, trasformandola in un risparmio d'imposta. Del resto, anche la Corte di giustizia della UE non ha mancato di rilevare come l'efficacia della sanzione inflitta a garanzia della concorrenza potrebbe essere sensibilmente ridotta dalla sua deducibilitā fiscale, che avrebbe l'effetto di compensarne il peso con una diminuzione degli oneri tributari.

(massima n. 2)

In tema di imposte sui redditi, le sanzioni irrogate dalla Commissione UE per avere posto in essere una pratica concordata avente l'effetto di falsare in maniera consistente la concorrenza sul mercato non sono deducibili, ai sensi dell'art. 75, comma 5, del d.P.R. n. 917 del 1986, dal reddito di impresa, in quanto si tratta di costi non funzionali alla produzione del reddito.

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.