Cassazione civile Sez. V sentenza n. 17602 del 27 giugno 2008

(2 massime)

(massima n. 1)

In materia di imposte sui redditi, rientrano tra le spese di rappresentanza di cui all'art. 74 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, i costi sostenuti per accrescere il prestigio della società senza dar luogo ad una aspettativa di incremento delle vendite, mentre ne restano escluse le spese di pubblicità e propaganda, aventi come scopo preminente quello di informare i consumatori circa l'esistenza di beni e servizi prodotti dall'impresa, con l'evidenziazione e l'esaltazione delle loro caratteristiche e dell'idoneità a soddisfare i bisogni al fine di incrementare le vendite; occorrendo, di conseguenza, una rigorosa verifica in fatto della effettiva finalità delle spese e della loro diretta imputabilità. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza di merito, che aveva qualificato quelle sostenute dalla contribuente come spese di pubblicità, in quanto priva di un'adeguata motivazione atta a suffragare quanto ritenuto, avendo basato la valutazione sulla natura delle spese unicamente sull'elenco delle voci riepilogative dei recuperi alludenti a oggettistica varia e costi di spedizione, senza prendere in esame le pezze giustificative con le causali dei costi e le comunicazioni aziendali allegate dalla società ricorrente). (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Bologna, 20 Giugno 2002).

(massima n. 2)

In tema di imposte sui redditi, le difficoltà interpretative determinate dai ripetuti ripensamenti dell'Amministrazione finanziaria e dai contrastanti orientamenti giurisprudenziali in ordine alla deducibilità dal reddito d'impresa degli accantonamenti relativi all'indennità suppletiva di clientela, prevista dagli accordi economici collettivi che disciplinano i rapporti di agenzia e rappresentanza commerciale, giustificano la disapplicazione delle sanzioni amministrative irrogate a seguito del mancato riconoscimento della deduzione, senza che assuma alcun rilievo, in contrario, il mancato esercizio da parte del contribuente della facoltà di interpellare al riguardo l'Amministrazione, in quanto l'oggettiva incertezza richiesta dall'art. 8 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dall'art. 6, comma secondo, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 ai fini della disapplicazione deve collegarsi non già ad uno stato soggettivo e temporaneo superabile attraverso la fattiva attivazione del contribuente nelle sedi appropriate, ma ad una caratteristica intrinseca ed obiettiva del dato normativo. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Bologna, 20 Giugno 2002).

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