Cassazione civile Sez. I sentenza n. 8457 del 25 settembre 1996

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di divorzio, la condanna all'ergastolo o alla reclusione superiore a quindici anni, anche con più sentenze, per uno o più delitti non colposi, esclusi i reati politici e quelli commessi per motivi di particolare valore morale o sociale, legittima di per sé l'altro coniuge a proporre ricorso per lo scioglimento del matrimonio, ai sensi dell'art. 3, comma primo, n. 1, lett. a), della L. 1 dicembre 1970, n. 898, mentre restano prive di effetto le modifiche della pena su cui si è formato il giudicato, che possano intervenire come conseguenza di provvedimenti di clemenza di qualsiasi natura, atteso che la ragione della norma è costituita dal disvalore morale e sociale riversato sul coniuge da quel tipo di condanna, che rende il vincolo matrimoniale, presumibilmente, non tollerabile.

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(massima n. 2)

Ai fini della proponibilità della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nel caso di cui all'art. 3, comma primo, n. 1, lett. a) della L. 1 dicembre 1970, n. 898 (condanna dell'altro coniuge, con sentenza passata in giudicato, all'ergastolo ovvero ad una pena superiore ad anni quindici, anche con più sentenze, per uno o più delitti non colposi, esclusi i reati politici e quelli commessi per motivi di particolare valore morale e sociale), l'accertamento della sussistenza dei motivi di particolare valore morale e sociale è rimesso al giudice penale e non spetta, quindi, al giudice del divorzio, il quale non può riconsiderare la condotta dell'imputato condannato con sentenza passata in giudicato.

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