Cassazione civile Sez. II sentenza n. 23565 del 23 settembre 2019

(1 massima)

(massima n. 1)

La proprietà e gli altri diritti reali di godimento appartengono alla categoria dei cd. diritti "autodeterminati", individuati, cioè, sulla base della sola indicazione del relativo contenuto sì come rappresentato dal bene che ne forma l'oggetto, con la conseguenza che la "causa petendi" delle relative azioni giudiziarie si identifica con i diritti stessi e non con il relativo titolo - contratto, successione ereditaria, usucapione, ecc. - che ne costituisce la fonte, la cui eventuale deduzione non ha, per l'effetto, alcuna funzione di specificazione della domanda, essendo, viceversa, necessario ai soli fini della prova. Non viola, pertanto, il divieto dello "ius novorum" in appello la deduzione da parte dell'attore - ovvero il rilievo "ex officio iudicis" - di un fatto costitutivo del tutto diverso da quello prospettato in primo grado a sostegno della domanda introduttiva del giudizio. (Nella specie, è stata ritenuta ininfluente, sotto il profilo della novità della domanda, la circostanza che il convenuto, nell'esperire in via riconvenzionale un'"actio confessoria servitutis", in primo grado avesse dedotto l'esistenza di una servitù volontaria e, in grado di appello, di una servitù per destinazione del padre di famiglia).

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