Corte dei Conti sentenza n. 137 del 31 luglio 2015

(5 massime)

(massima n. 1)

In base all'art. 300 del D.Lgs. 152/2006, il legislatore italiano ha fornito per la prima volta una definizione di danno ambientale, statuendo che "È danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilità assicurata da quest'ultima": trattasi di una definizione diversa da quella di cui all'art. 2 della direttiva 2004/35/CE (secondo cui è danno ambientale: a) il danno alle specie e agli habitat naturali protetti in base alle direttive Habitat ed Uccelli della Comunità Europea, ad esclusione di quei danni preventivamente identificati di un'"attività professionale" espressamente autorizzata dalle autorità competenti; b) il danno alle acque, vale a dire qualsiasi modificazione significativa e negativa dello stato ecologico, chimico e/o quantitativo e/o sul potenziale ecologico delle acque interessate, quali definiti nella direttiva 2000/60/CE, a eccezione degli effetti negativi cui si applica l'articolo 4, paragrafo 7 di tale direttiva; c) ogni contaminazione del terreno che crei un rischio significativo di effetti negativi sulla salute umana a seguito dell'introduzione diretta o indiretta nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze preparati organismi o microrganismi perché effettuando un generico riferimento alle "risorse naturali" sembra dare ingresso alla tutela civilistica anche a risorse naturali, come per esempio l'atmosfera, escluse dalla definizione di danno ambientale contenuta nella direttiva comunitaria.

(massima n. 2)

L'art. 311, del D.Lgs. 152/2006 dedicato al "Risarcimento del danno ambientale", ribadendo la risarcibilità del danno ambientale già statuita dall'art. 18, L. n. 349/1986 (seppur con devoluzione della giurisdizione all'a.g.o.), stabilisce che chiunque realizzando un fatto illecito, o omettendo attività o comportamenti doverosi, con violazione di legge, di regolamento, o di provvedimento amministrativo, con negligenza, imperizia, imprudenza o violazione di norme tecniche, arrechi danno all'ambiente, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, è obbligato al ripristino della precedente situazione e, in mancanza al risarcimento per equivalente patrimoniale nei confronti dello Stato.

(massima n. 3)

I soggetti coinvolti, in varie vesti, nella protezione dell'ambiente sono molteplici: Ministero dell'Ambiente, Regioni, Province, Comunità montane, Comuni, Enti-Parco, Corpo Forestale, Magistratura penale, nonché le stesse persone fisiche o giuridiche che sono o che potrebbero essere colpite dal danno ambientale, o che vantino un interesse alla partecipazione al procedimento relativo all'adozione delle misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino: anche esse sono legittimate ad agire, secondo i principi generali, per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo nell'attivazione, da parte del Ministero, delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale, avanti al giudice amministrativo.

(massima n. 4)

Il bene "ambiente" trova nel nostro ordinamento, sul piano preventivo e repressivo, una tutela legislativa, penale, amministrativa, civile, ed anche amministrativo-contabile a fronte di condotte di soggetti pubblici-persone fisiche che con la loro inerzia producano danno ambientale. In particolare, ai sensi dell'art. 313, co. 6, del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, "nel caso di danno provocato da soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, anziché ingiungere il pagamento del risarcimento per equivalente patrimoniale, invia rapporto all'ufficio di Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti competente per territorio". Tale norma ha introdotto un chiaro discrimine nella giurisdizione in materia di danno ambientale, appartenente in via generale al giudice ordinario, salvo i casi in cui tale danno sia "provocato da soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti", nel qual caso il Ministero non può agire autonomamente, ma deve limitarsi ad inviare "rapporto all'ufficio di Procura regionale", per l'azione di competenza dinanzi alla Sezione giurisdizionale della stessa Corte.

(massima n. 5)

Qualora la conoscenza di un danno ambientale da parte della Procura contabile avvenga non già su segnalazione del Ministero dell'ambiente ai sensi dell'art. 313, co. 6, del D.Lgs. 3.4.2006 n. 152, ma del Corpo Forestale con relazione, specifica, concreta e dettagliata (parametri di ricevibilità/procedibilità dell'azione della Procura rilevanti ex 17, comma 30-ter, del D.L. n.78/2009), tale canale di conoscenza non preclude la giurisdizione della Corte dei conti nei confronti di soggetti, quali i convenuti, incontestabilmente sottoposti a giurisdizione contabile quali funzionari pubblici autori di un danno a beni pubblici.

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