Cassazione civile Sez. I sentenza n. 14935 del 20 luglio 2016

(2 massime)

(massima n. 1)

Proposta dal ministero dell'ambiente e da un'autorità portuale domanda di ammissione al passivo della procedura di amministrazione straordinaria di una società ritenuta responsabile dell'inquinamento di alcune aree, è erronea la decisione di non ammettere il credito avente a oggetto il rimborso delle spese già erogate dagli istanti per la messa in sicurezza e il ripristino dei siti contaminati, ove il giudice di merito si sia basato sull'assenza di prova del nesso di causalità tra le attività produttive dell'impresa e l'inquinamento riscontrato, non tenendo conto della relazione dell'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, né disponendo una consulenza tecnica d'ufficio.

(massima n. 2)

La liquidazione del danno ambientale per equivalente è ormai esclusa alla data di entrata in vigore della L. n. 97 del 2013, ma il giudice può ancora conoscere della domanda pendente alla data di entrata in vigore della menzionata legge in applicazione del nuovo testo dell'art. 311 del D.Lgs. n. 152 del 2006 (come modificato prima dall'art. 5-bis, comma 1, lett. b, del D.L. n. 135 del 2009 e poi dall'art. 25 della L. n. 97 del 2013), individuando le misure di riparazione primaria, complementare e compensativa e, per il caso di omessa o imperfetta loro esecuzione, determinandone il costo, da rendere oggetto di condanna nei confronti dei soggetti obbligati. (Cassa con rinvio, Trib. Livorno, 13 aprile 2015). Il giudice della domanda di risarcimento del danno ambientale ancora pendente alla data di entrata in vigore della legge 6 agosto 2013, n. 97, essendo ormai esclusa la liquidazione per equivalente di quello, può ancora conoscere della domanda in applicazione del nuovo testo del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 311 come modificato prima dal D.L. n. 135/2009, art. 5-bis, comma 1, lett. b), cit. e poi dalla legge n. 97/2013, art. 25 cit., individuando le misure di riparazione primaria, complementare e compensativa e, per il caso di omessa o imperfetta loro esecuzione, determinandone il costo, da rendere oggetto di condanna nei confronti dei soggetti obbligati. Proposta dal ministero dell'ambiente e da un'autorità portuale domanda di ammissione al passivo della procedura di amministrazione straordinaria di una società ritenuta responsabile dell'inquinamento di alcune aree, è erronea la decisione di non ammettere il credito avente a oggetto il rimborso delle spese già erogate dagli istanti per la messa in sicurezza e il ripristino dei siti contaminati, ove il giudice di merito si sia basato sull'assenza di prova del nesso di causalità tra le attività produttive dell'impresa e l'inquinamento riscontrato, non tenendo conto della relazione dell'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, né disponendo una consulenza tecnica d'ufficio. Ove una controversia volta al risarcimento del danno ambientale sia ancora pendente alla data di entrata in vigore della L. 6 agosto 2013, n. 97, mentre è ormai esclusa la risarcibilità per equivalente, il giudice può ancora conoscere della domanda, individuando le misure di riparazione primaria, complementare e compensativa ivi prescritte e, per il caso di loro omessa o incompleta esecuzione, determinandone il costo, da rendere oggetto di condanna nei confronti dei danneggianti.

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