Cassazione civile Sez. III sentenza n. 8662 del 4 aprile 2017

(2 massime)

(massima n. 1)

La condotta generativa del danno ambientale, come configurata sia dall'art. 18 della L. n. 349 del 1986 che dall'art. 311 del D.Lgs. n. 152 del 2006, non si identifica necessariamente nella commissione di uno specifico reato a protezione dell'ambiente, potendo la stessa consistere nella violazione di una qualunque prescrizione riferita ad attività umana da cui possa derivare un'alterazione di quest'ultimo, desumibile dall'insieme delle regole dell'ordinamento, tra le quali rientrano sicuramente quelle relative all'illecito aquiliano ed alla responsabilità derivante dall'esercizio di attività pericolose. La nozione di danno ambientale ai sensi dell'art. 18 della L. n. 349 del 1986, così come quella dell'art. 298-bis del D.Lgs. n. 152 del 2006, comprende, oltre alla perdita definitiva (distruzione) ed al deterioramento (peggioramento qualitativo) di una risorsa ambientale, anche l'alterazione del bene ambiente, consistente nella modificazione definitiva dell'equilibrio ecologico, biologico e sociologico del territorio con una visibile modificazione degli assetti precedenti, senza che assuma rilievo la realizzazione di un intervento migliorativo della situazione antecedente.

(massima n. 2)

Il giudice della domanda di risarcimento del danno ambientale ancora pendente alla data di entrata in vigore della L. 6 agosto 2013, n. 97, che ha novellato l'art. 311 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (c.d. Testo Unico Ambiente), non può determinare il risarcimento del danno in forma equivalente, ma può ancora conoscere della domanda, individuando le misure di riparazione primaria, complementare e compensativa e, per il caso di omessa o imperfetta loro esecuzione, valutarne il costo, da rendere oggetto di condanna nei confronti dei soggetti responsabili. In tema di disciplina applicabile nei giudizi relativi alla materia ambientale, per la definizione di danno ambientale e l'identificazione dell'attività idonea a determinare la responsabilità dell'agente deve farsi riferimento alla normativa vigente al momento in cui si sono verificati i fatti, mentre per i criteri di liquidazione del danno si applica, anche ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della legge n. 97 del 2013, l'art. 311, comma 3, del D.Lgs. n. 152 del 2006, nel testo modificato, da ultimo, dall'art. 25 della legge n. 97 citata, come da espressa previsione normativa.

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