Consiglio di Stato Sez. VI sentenza n. 4099 del 5 ottobre 2016

(5 massime)

(massima n. 1)

Ai sensi degli artt. 242, comma 1, e 244, comma 2, del Testo Unico dell'ambiente, una volta riscontrato un fenomeno di potenziale contaminazione di un sito, gli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza d'emergenza o definitiva, di bonifica e di ripristino ambientale possono essere imposti dalla P.A. solamente ai soggetti responsabili dell'inquinamento e quindi ai soggetti che abbiano in tutto o in parte generato la contaminazione tramite un proprio comportamento commissivo od omissivo, legato all'inquinamento da un preciso nesso di causalità; a tal fine è, pertanto, necessario un rigoroso accertamento al fine di individuare il responsabile dell'inquinamento, nonché il nesso di causalità che lega il comportamento del responsabile all'effetto consistente nella contaminazione, accertamento che presuppone un'adeguata istruttoria, non essendo configurabile una sorta di responsabilità oggettiva facente capo al proprietario o al possessore dell'immobile in ragione di tale sola qualità.

(massima n. 2)

È illegittimo il provvedimento con il quale è stata ingiunta la bonifica di un terreno inquinato (per superamento dei valori limite dell'ammoniaca e dei solfati nella falda acquifera) alla società proprietaria del terreno stesso, senza il necessario e preventivo accertamento della qualità di soggetto responsabile dell'inquinamento in capo alla società medesima, con la conseguenza che gli obblighi imposti risultano derivare dalla mera qualifica di proprietario o possessore dell'area e, dunque, dal mero collegamento materiale con essa, a prescindere dalla preliminare e necessaria verifica della qualità della società in questione quale soggetto responsabile dell'inquinamento.

(massima n. 3)

L'eventuale carattere solo cautelare (e non anche latu sensu sanzionatorio) dell'ordinanza di bonifica di un sito inquinato non rende inapplicabile il principio secondo cui l'ordinanza stessa presuppone l'accertamento del responsabile dell'inquinamento. Infatti la direttiva 2004/35/CE non opera alcuna distinzione, per quanto riguarda la necessaria sussistenza del nesso eziologico in punto di causazione del danno fra le misure di prevenzione e le misure di riparazione di cui all'articolo 2, punti 10 e 11 ; al contrario, in entrambi i casi l'insussistenza di un nesso eziologico fra la condotta dell'operatore e l'evento dannoso vale ad escludere qualsiasi conseguenza a suo carico, sia per ciò che riguarda le misure di prevenzione, sia per quanto riguarda le misure di riparazione in senso proprio.

(massima n. 4)

L'articolo 252, comma 4, del Testo Unico dell'ambiente (d.l.vo 3 aprile 2006, n. 152), nel prevedere che, nella procedura di bonifica di cui all'articolo 242 dei siti di interesse nazionale, deve essere sentito anche il Ministero delle attività produttive, si riferisce al "procedimento di bonifica" e, dunque, l'audizione del Ministero delle attività produttive non è richiesta solo per la approvazione del progetto definitivo di bonifica, ma concerne anche per gli altri interventi e determinazioni che attengano al suddetto procedimento.

(massima n. 5)

Il parere del Ministero dell'Ambiente previsto dall'art. 252, comma 4, del Testo Unico dell'ambiente può anche essere acquisito mediante il modulo procedimentale della conferenza di servizi. Pertanto, nel caso in cui alle conferenze di servizi tenute il Ministero delle attività produttive sia stato regolarmente invitato, non partecipando però ai relativi lavori, la mancata partecipazione e la mancata adozione di un provvedimento di dissenso postumo, conformemente al modello della conferenza di servizi, consente di ritenere acquisito comunque l'assenso dell'Amministrazione che, non partecipando alla riunione della conferenza benché invitata, non ha espresso la propria definitiva volontà in merito.

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