(massima n. 1)
            In materia di distanze delle costruzioni dagli argini, gli artt. 133, lett. a), del R.D. n. 268 del 1904 e 96, lett. f), del R.D. n. 523 del 1904 regolano due diversi regimi, che, in  ragione  dell'oggetto  e  delle  esigenze  poste  a fondamento di ciascuno, sono da ritenersi tuttora vigenti malgrado  il  sopravvenuto  art.  144  del  D.Lgs.  n.  152  del 006  (secondo  cui tutte  le  acque  superficiali  e sotterranee,  ancorché  non  estratte  dal  sottosuolo, appartengono  al  demanio  dello  Stato) atteso  che  il primo,  concernente  le  opere  di  bonifica  e  le  loro pertinenze,  prevede,  a  seconda  dell'importanza,  una distanza minima per i fabbricati che può essere fissata da 4  a  10  metri,  mentre  il  secondo  riguarda  tutte  le  altre acque pubbliche, le loro sponde, alvei e difese e fissa la distanza  minima  di  10  metri  per  le  fabbriche,  sicché  è legittima  la  trasposizione  nella  propria  normativa urbanistica,  da  parte  di  un  comune,  di  differenti  regimi per ciascun corso d'acqua. (Rigetta, Trib. Sup. Acque, 5 dicembre  2013).  In  tema  di  distanze  dei  fabbricati  dagli argini fluviali, restano vigenti, pur in seguito all'entrata in vigore  del  c.d.  Codice  dell'ambiente  (art.  144,  D.Lgs.  n. 152/2006),  gli  artt.  133,  lett.  a)  e  96,  lett.  f),  R.D.  n. 523/1904, i quali fissano, in tema di opere di bonifica, una distanza minima tra 4 a 10 metri e, con riferimento a tutte le altre acque pubbliche, la distanza minima di 10 metri. Pertanto,  legittimamente  un'amministrazione  comunale può trasporre nella propria normativa urbanistica i diversi regimi per ciascuno dei diversi corsi d'acqua.